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Veleni, faide, tutti gli intrighi alla corte del Re Sole Matteo

Padoan non accetta ordini di scuderia, le gelosie tra Lotti e Boschi, la ritrosia di Gutgeld

Veleni, faide, tutti gli intrighi alla corte del Re Sole Matteo

Manca davvero poco. Il primo lunedì d'aprile è ormai alle porte e il Borgo della nostra piccola storia è (da tempo per la verità) «in preda al più grande disordine». Manca poco anche al giorno di maggio radioso in cui il nostro piccolo Sole, ricevendo a letto ministri e funzionari, potrà pronunciare fatidiche parole: «D'ora in poi, signori, assumerò io il comando di tutto. Nessuna disposizione potrà essere licenziata se non dopo che io l'abbia letta e approvata».

Sarà in quella mattina di splendido Sole radioso che si dimostrerà come la nostra piccola nobiltà, gli eroi di questa storia, nonostante i loro nomi «non hanno nulla di mitologico», come avvertì il grande Dumas padre raccontando ben altra vicenda con ben altra penna. Ma intanto, fino ad allora, le minute sorti personali della corte che si raccoglie ogni mattino nel Palazzo - per nulla magniloquente - che fu dei Chigi, stanno mettendo a dura prova la tolleranza di re Matteo. Quel Pier Carlo Padoan, ad esempio, novello Fouquet. Pur avendo avuto disposizioni precise dal «consigliere strategico del presidente del Consiglio» Andrea Guerra, che siede stabilmente (per ora, stia sereno) alla destra di Renzi, non riesce a far passare la linea che risolverebbe, almeno, il problema di cassa. La questione gli è stata spiegata per filo e per segno: basterebbe portare il deficit 2016 previsto dal Def dall'1,8 per cento del Pil al 2,9; dunque ancora ben al di sotto della soglia di Maastricht. Il «ritocchino» frutterebbe da solo circa 18 miliardi (pari a 1,1 in più di Pil) che, sommati ai sei miliardi incamerati per la caduta dello spread, garantirebbero una capace copertura alle riforme più urgenti per il nostro Regnante. Anzitutto un sostanzioso abbattimento fiscale, essenziale in caso di elezioni anticipate, per circa 10-12 miliardi; il resto devoluto alla stabilizzazione dei precari della scuola (voti di riconoscenza a iosa, anzi a grappolo).

Eppure al Tesoro i desideri di Palazzo Chigi pare abbiano incontrato le resistenze dell'intera squadra: dal direttore generale Vincenzo La Via in giù. Troppo azzardo, troppo difficile averla vinta con gli omologhi funzionari di Bruxelles. Da qui, ecco succedersi lo stillicidio di notizie sui 10 miliardi che servono per scongiurare l'aumento dell'Iva, oppure le preoccupazioni per gli effetti negativi sul deficit anche per il prossimo anno. Padoan mastica amaro, e neppure viene ricevuto in Sala reale. I veleni si consumano tutti nell'anticamera. Miasmi che hanno condotto in via XX settembre il successore designato di Cottarelli (chi ricorda ancora il nome di Costui?), il commissario della spending review, di cui s'era persa traccia fino a quando s'è avuto notizia di lui al Fmi, come direttore e rappresentante dell'Italia. Il successore è Yoram Gutgeld, consigliere che per Renzi potrebbe invece rappresentare il Colbert del futuro, nonostante la tempra non proprio da combattente di Yoram, restio anche a saltare definitivamente il fosso.

Ma quel che accade nelle stanze ovattate del nostro minimale Palazzetto Versailles farebbe perdere la pazienza a chiunque. Persino Madame de Maintenon, la borghesissima Maria Elena Boschi, comincia a temere inciampi dal tacco 15. Il premier Sole vorrebbe tenerla sempre con sé a Palazzo, spostando l'intendente Delrio alle Infrastrutture (troppo pericoloso l'interim in un Borgo corrotto come il nostro) e liberando l'ormai inutile poltroncina delle Riforme per Quagliariello. Senonché il Favorito consigliere Luca Lotti comincia a non amare la Favorita Boschi, anche perché nel frattempo impegnato ad assumere per sé la delega sui Servizi, finora nelle mani dell'ex dalemiano Minniti, che rappresenterebbero pur sempre i Moschettieri a difesa del Reame (ma sempre più del Re). Troppo dispendio d'energie, troppe spalle scoperte. Gli ugonotti sono alle porte e alla Maintenon Boschi potrebbe finire persino la pratica della riforma della Pa, per la quale non s'è impegnata a dovere l'ex Favoritina Marianna Madia, sempre molto impegnata a guardare Peppa Pig per poter domare le implacabili orde degli Statali.

Dopo quattordici mesi Re Matteo ha detto basta: segno ne sia che la Boschi comincia a parlare di burocrazia nei convegni (sabato scorso a Cernobbio) e che l'amica della Madia Alessandra Poggiani s'è finalmente dimessa dall'Agenzia del Digitale, trovando un piccolo benefit di rifugio nelle liste venete della Moretti. Questo raccontano nei corridoi di Palazzo. Questo accade nel disordinato Borgo dove gira un unico Sole.

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