Riccardo, il poliziotto-eroe che non si sente Rambo

Il premier Conte in ospedale dall'agente ferito che ha salvato decine di vite bloccando il traffico con la volante

Riccardo ha entrambe le braccia fasciate. Dalle garze spuntano solo le dita. Il premier Giuseppe Conte gliele stringe con cautela: «Complimenti, sei stato eccezionale». Un saluto, una solidarietà, una vicinanza che Riccardo non si aspettava. O forse sì. Lui, originario di Copertino in provincia di Lecce, di professione fa il poliziotto. È abituato a difendere il «bene» combattendo il «male». Ma mai avrebbe immaginato, questo giovanotto di 31 anni, di trovarsi due giorni fa a tu per tu con un «male» dalle sembianze di un'autocisterna piena di gas. Che sta per esplodere. Che può provocare una strage. Riccardo Muci, agente scelto del commissariato Santa Viola, era in servizio proprio a Borgo Panigale. Il tamponamento è appena avvenuto: il «bisonte» pieno di gas ha appena incornato il Tir che lo precede. C'è un primo scoppio. Ma il peggio deve ancora venire. In una manciata di secondi l'agente Muci realizza che sta per scatenarsi l'inferno. Riccardo si comporta da professionista intelligente, prendendo in tempo reale una decisione perfetta: mettere di traverso la volante e bloccare il traffico. Il poliziotto combatte contro il tempo, sa che l'esplosione è imminente. E infatti non appena lo scoppio sprigiona la sua violenza inaudita, le fiamme investono anche lui come altre decine di persone. Tutte però a una distanza di sicurezza, quella necessaria per non rimetterci la pelle. E se ora i tanti sopravvissuti alla sciagura potranno raccontare a figli e nipoti «quella volta che...», devono dire grazie proprio a Riccardo. Lui, dall'ospedale di Cesena, si schernisce. Gli dispiace un po' che gli abbiano tagliato i capelli per medicarlo alla testa. Adesso è come se avesse una «pettinatura» da tronista della De Filippi, ma con la differenza che lui in tv ci è arrivato dopo aver compiuto o un'azione straordinaria. Meritevole di una promozione. Riccardo, che questo mestiere lo ha scelto perché lo ama, ripercorre dal letto del reparto grandi ustionato dov'è ricoverato la trama del film più drammatico della sua vita: «Ero con il mio collega, come capo equipaggio della volante. Abbiamo visto da lontano tutto quel fuoco sulla tangenziale e ci siamo avvicinati. Appena sceso dall'auto ho capito cosa stava per succedere, c'era un odore inconfondibile nell'aria. Non potevo lasciare che le auto continuassero a circolare e così ho fatto mettere la volante di traverso, per bloccare l'accesso alla strada in entrambe le direzioni». E poi: «A piedi sono andato verso il ponte, c'erano persone che scattavano foto e facevano video e ho cominciato ad urlare dicendo di allontanarsi. Ero a 20 metri dal ponte quando si è scatenato l'inferno». La testimonianza di Riccardo mette i brividi: «L'esplosione mi ha travolto. Se ho avuto paura? La paura è un sentimento normale, è giusto che ci sia in ognuno di noi. È il comprendere la paura che ci permette di tornare a casa. Non siamo dei Rambo. In quel momento non mi sono lasciato trascinare dalle emozioni. Il primo pensiero è stato mettere in salvo quante più persone possibili». Riccardo è stato l'uomo giusto al momento giusto nel posto giusto: «Finché ho retto il dolore ho dato una mano ai carabinieri per i soccorsi, poi le ferite mi hanno sovrastato e mi sono dovuto fermare». La sua sarà una convalescenza molto lunga.

Il calore che lo ha investito è stato così forte da sciogliere la maglietta ignifuga che indossava, che si è fusa con la sua pelle. Ma il suo sguardo resta fiero. E in quegli occhi si riflette la nostra Italia migliore.

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