Riforma del salva-Stati, la Ue gela il premier ma si divide sul rinvio

Bruxelles avvisa Conte: "Meglio chiudere ora". Ma poi apre alla proroga sulla firma del Mes

Riforma del salva-Stati, la Ue gela il premier ma si divide sul rinvio

La pantomima andata in scena ieri nei due rami del Parlamento sulla riforma del Trattato istitutivo del Mes (Meccanismo europeo di stabilità o Fondo salva Stati) aveva un unico scopo: certificare una sostanziale convergenza politica sull'opportunità di rinviare la procedura di ratifica. Bruxelles non ha osservato il dibattito da spettatore imparziale e ha inviato un messaggio equivalente a una doccia gelata per il premier Giuseppe Conte.

Sulla riforma del Mes «è meglio chiudere adesso», hanno sottolineato fonti tecniche dell'Eurogruppo (che si riunirà domani) precisando che «l'intesa sul nuovo trattato è dello scorso giugno: restano da discutere alcune questioni subordinate». Le istituzioni comunitarie non hanno «alcun desiderio di riaprire il pacchetto della riforma del Mes, anche perché il compromesso tra i Paesi è già stato trovato, dopo molti mesi di trattative, e, se venisse riaperto su richiesta dell'Italia, allora si aprirebbe la strada anche alle domande degli altri Paesi». Questo, secondo le stesse fonti, «non toglie che un breve rinvio possa essere accordato», ma una proroga lunga «sarebbe considerata un passo indietro».

In parallelo, altre fonti vicine alla Commissione Ue hanno evidenziato che «la firma del nuovo trattato Mes a dicembre non è necessaria e può avvenire uno o due mesi più tardi». Un segnale evidente che il quadro politico a Bruxelles è meno compatto di quel che si possa pensare, ma riaprire il testo del Mes, ancorché possibile in linea teorica, sarebbe molto rischioso perché consentirebbe a ciascun Paese di sollevare altre questioni che attualmente si ritengono appianate.

Se l'Europa è spaccata, si pone una domanda. Cosa può chiedere il ministro dell'Economia Gualtieri domani? Il ministro in Senato ha voluto, evidentemente, accelerare perché la riscrittura potrebbe anche essere peggiorativa in quanto gli Stati del Nord, Olanda in primis, potrebbero chiedere la fissazione di parametri automatici per la ristrutturazione del debito in caso di richiesta di aiuto. Analogamente, è difficile che l'Italia possa riportare interamente in seno alla Commissione Ue le valutazioni sulla sostenibilità del debito di uno Stato che chiede «protezione». Non meno trascurabile è il fatto che, in base al modus operandi europeo, ci sia solo un argomento da discutere: gli allegati (in inglese annex) della riforma del Mes. Il dibattito è se inserirli nel Trattato o lasciarli come addendum. Non è cosa da poco: uno dei temi riguarda le clausole di azione collettiva per la dichiarazione del default. Il sistema attuale prevede una doppia assemblea (singolo titolo e insieme del debito), mentre la riforma ne contempla solo una. Se entrasse nel Trattato, diverrebbe vincolante. L'Italia punta su una maggiore flessibilità.

Quasi impossibile è negoziare una «logica di pacchetto» come vorrebbe il Movimento 5 stelle, ossia subordinare la riforma del Mes all'unione bancaria e al bilancio Ue 2021-2027. A Bruxelles, infatti, le discussioni e le trattative avvengono su un singolo tema. I casi pertanto sono due. O, come suggerisce Brunetta (Fi), «prendiamo tempo, non ci facciamo del male ed esprimiamo una posizione unitaria» sulla riforma.

O, come sostiene Gualtieri, ci si concentra sull'unione bancaria per evitare la penalizzazione dei titoli di Stato in pancia alle banche. Il mercato, però, ha iniziato a fidarsi meno dell'Italia e lo spread tra Btp e Bund decennali ieri è salito a quota 172.

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