Bari I primi segnali di un imminente esodo dal mare ancora non ci sono, ma il rischio è concreto. Per questo gli oltre 800 chilometri di costa che abbracciano la Puglia dall'Adriatico allo Ionio sono perlustrati palmo a palmo. Ed è già in atto un riposizionamento di motoscafi, pattugliatori e motovedette, spostati e rispostati come in una delicata partita a scacchi contro i clan internazionali. Che lucrano carrellate di denaro sul traffico di umanità e per non lasciarsi sfuggire il business migranti potrebbero modificare le proprie strategie, abbandonando la via balcanica dopo la chiusura delle frontiere di diversi Paesi europei. Secondo quanto emerso dalle indagini, lo scenario è cambiato: le basi logistiche delle cosche sarebbero in Grecia (nei dintorni di Corfù) o in Turchia (a Mersin), e il punto di approdo sarebbe stato individuato nella fascia ionica del Salento, una rotta che può consentire ai traghettatori di virare verso la Calabria in caso di emergenza. Gli investigatori stanno studiando i precedenti: dai dati emerge che negli ultimi due anni l'80% degli sbarchi in Puglia è avvenuto nei pressi di Santa Maria di Leuca.
Ecco perché da queste parti l'apparato di sicurezza è stato intensificato ed già operativo.La Guardia di Finanza ha rischierato la propria flotta mettendo in campo motovedette «veloci» e «velocissime» (quelle sequestrate a contrabbandieri), oltre a pattugliatori di altura in grado di rimanere in missione in mare per più giorni. A questi si aggiungono aerei ed elicotteri, e il prezioso contributo dei militari dislocati in Albania, nel nucleo di frontiera marittima di Durazzo e vicino a Valona. In poche parole, vengono utilizzate tutte le unità disponibili nell'arco delle 24 ore per tentare di blindare un tratto di mare che torna ad alto rischio dopo le indiscrezioni secondo cui centocinquantamila migranti sarebbero intrappolati nei Balcani in un fazzoletto d'Europa scavato da frontiere chiuse; venticinquemila sarebbero già ad Atene: da qui il passo per la Puglia tutto sommato è breve, se si considera che i clan possono contare non solo su vecchi mercantili, ma anche su gommoni oceanici da dodici metri in grado di coprire la traversata. I controlli sono impresa tutt'altro che facile, visto che vanno coperti 832 chilometri di costa. Come se non bastasse lo scenario può variare rapidamente: se i clan dovessero scegliere Albania o Montenegro come punti di partenza, l'emergenza potrebbe spostarsi più a Nord.
Insomma, è possibile che si renda necessario l'impiego di rinforzi. Che sono stati più volte promessi, ma non sono mai arrivati, se si esclude il drappello di soldati impegnato nella sorveglianza ai varchi di accesso del porto di Bari, ritenuto zona ad alto rischio sul fronte terrorismo per il possibile passaggio di foreign fighters. Eppure qui ci sono in tutto 60 agenti. «Dovrebbero essere almeno 40 in più», dice il segretario provinciale del Sindacato autonomo di polizia, John Battista. Come dire: l'emergenza c'è, ma riguarda anche le risorse.
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