La road map è già pronta: si torna alle urne in autunno

Simulazione dell'istituto Cattaneo: un patto M5s-Lega riuscirebbe a ottenere il 90% dei seggi uninominali

Tre mesi. Quattro o cinque al massimo. Fino a ottobre. Poi gli italiani potrebbero essere richiamati alle urne. Prima c'è da rassicurare i mercati, gettare acqua su uno spread infuocato e sull'ira del blocco giallo verde che chiama il popolo in piazza contro i poteri forti. È questa la via d'uscita dalla crisi istituzionale scelta Sergio Mattarella, che ha escluso l'immediato ritorno al voto incaricando Carlo Cottarelli di formare un governo che metta al sicuro i conti. Se non otterrà la fiducia del Parlamento (molto probabile ndr), allora si apriranno le urne subito dopo l'estate, probabilmente tra la seconda metà di settembre e i primi di ottobre. Senza superare i settanta giorni stabiliti dalla legge tra il game over della legislatura e l'apertura delle urne. Se così fosse si tratterebbe nient'altro che del piano annunciato dal capo dello Stato all'indomani del voto e poi riposto nel cassetto prima che iniziasse la trattativa tra Lega e pentastellati. Se invece l'esecutivo guidato dall'ex commissario alla spending review dovesse incassare la fiducia delle Camere - ipotesi assai remota -, l'obiettivo sarebbe portare a casa la legge di bilancio, e trainare il Paese al voto l'anno prossimo, magari in concomitanza con le Europee.

Le due ipotesi temporali sono state le prime a essere confermate direttamente dall'incaricato Cottarelli che ha per questo assicurato la «neutralità completa» del governo che dovrà traghettare l'Italia a elezioni, con la promessa che nessun «membro dell'esecutivo» si candiderà, compreso lui: «Mi presenterò in Parlamento con un programma che, in caso di fiducia, includa l'approvazione della legge di Bilancio per il 2019 - ha detto dopo il colloquio al Quirinale - dopo di che il Parlamento verrebbe sciolto con elezioni ad inizio 2019. In assenza di fiducia il governo si dimetterebbe immediatamente e il suo principale compito sarebbe la gestione dell'ordinaria amministrazione e di accompagnare il Paese ad elezioni dopo il mese di agosto». Però: votare a settembre significa fare campagna elettorale in agosto. E poi ci sono i vertici internazionali: il G7 dell'8 e 9 giugno, il Consiglio europeo del 27 e 28, il summit Nato del del 12 luglio. Poi, dopo, saranno elezioni. A cui M5s e Lega, che in queste ore confermano l'intesa maturata in questi due mesi e la validità del loro contatto del cambiamento, non escludono di potersi presentare uniti.

A disegnare lo scenario del voto con un eventuale cartello elettorale giallo verde ci ha pensato l'Istituto Cattaneo, applicando l'alleanza ai risultati del voto del 4 marzo. Da un lato M5s e Lega e, dall'altro, un aggregato formato da Partito democratico, Forza Italia e dai loro alleati minori. Il risultato sarebbe quell'Italia divisa in due che già abbiamo visto uscire dalle Politiche, con il nord della Lega e il sud dei cinque Stelle, ma questa volta di fatto riunita sotto un'unica bandiera sovranista. Nei collegi uninominali, il blocco populista conquisterebbe il 90% dei seggi nelle due Camere e il polo M5s-Lega sarebbe il più votato in 219 collegi su 232 (94,4%) a Montecitorio e in 104 collegi su 116 (89,7%) al Senato. A tutti gli altri partiti resterebbero soltanto una manciata di seggi urbani a Milano e Torino e nella ex roccaforte rossa di Emilia e Toscana, oltre che in Trentino-Alto Adige. Insomma, un cappotto.

I numeri consentirebbero inoltre ai due ex nemici di sostituire l'attuale risicata maggioranza a Palazzo Madama, che oggi avrebbe uno scarto di sei

seggi, con un pattuglione ampio composto da 209 senatori giallo verdi. Con 425 seggi a Montecitorio, in entrambe le aule, calcola Cattaneo, il cartello formato da cinque Stelle e Lega avrebbe una maggioranza pari ai due terzi.

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