Meno freak e più Flick. La svolta «di governo» dei Cinque stelle a Roma procede a tappe forzate. Rotti i rapporti con i movimenti per «l'acqua bene comune», entra in crisi anche il feeling con il «popolo delle ramazze». Tutta colpa di un provvedimento agostano che si presta a una lettura politica.
La norma contestata è la «determinazione dirigenziale» numero QL/624/2017 del 3 agosto, che applica il nuovo regolamento del verde pubblico varato dalla giunta Raggi che ammette «da parte di comitati e di associazioni di quartiere interventi occasionali di manutenzione ordinaria del verde». Parrebbe un assist al «popolo delle ramazze» che a Roma conta su un nutrito numero di associazioni. E invece è una trappola. I grillini alfieri dello spontaneismo, dell'uno vale uno, dell'impegno dal basso, impongono ora ai volontari di chiedere il permesso di pulire al posto del Comune e per di più pagando. D'ora in poi chi vorrà darsi da fare con la ramazza in un parco o nell'aiuola sotto casa, dovrà chiedere il permesso al Comune, compilando un «pratico» modulo online che richiede tre pagine di informazioni sull'iniziativa e che, alla faccia del potere di internet, non può essere compilato online, ma va stampato, compilato e poi scannerizzato, se si vuole mandarlo via mail. Una volta ricevuto il visto dell'amministrazione si potrà procedere con il lavoro dei volontari. E non è tutto. Perché applicando in modo piuttosto fiscale una legge sul volontariato che risale al 1991, si impone anche alle associazioni di stipulare una polizza assicurativa che copra i volontari che partecipano «in caso di morte o invalidità permanente» fino «a euro 100.000» e gli eventuali danni causati a terzi fino a 300.000 euro.
Nell'estate del verde incolto che brucia per un nonnulla, si sono subito infiammati gli animi dei volontari. Il blog Romafaschifo ha pubblicato lettere inferocite, le pagine Facebook delle associazioni si sono riempite di invettive, come quella di uno dei gruppi più attivi, Retake Roma: «Sono migliaia le persone che curano, volontariamente e gratuitamente, il verde di Roma, supplendo alle carenze dell'amministrazione: la prima e unica risposta del Comune è l'imposizione di un'assicurazione a proprie spese a chiunque voglia fare interventi, anche minimi come svuotare i cestini dei rifiuti». Stessa musica suonata dalle magliette gialle di «Roma sceglie Roma»: «Il maldestro tentativo d'impedire azioni di volontariato civico attraverso l'imposizione di un'assicurazione è una beffa - dice il presidente Raimondo Grassi - Più che immaginare costosi balzelli per chi vuole pulirsi la propria strada l'Amministrazione dovrebbe, al contrario, immaginare incentivi sotto forma di decontribuzione».
Forse non è solo effetto della fine del movimentismo dei pentastellati che a Roma arrivano a prendere in considerazione l'arruolamento dell'ex ministro Giovanni Maria Flick, non proprio un novizio della politica. A pensar male, è anche un modo di imbrigliare il popolo delle ramazze che creò non pochi problemi di immagine all'ex sindaco Marino quando Alessandro Gassman incitò a darsi da fare in proprio per pulire la città sporca. E il Pd cavalcò in chiave grillina l'analoga iniziativa delle magliette gialle.
Ignorato invece il vero nodo: negli anni passati il Servizio giardini che era un'eccellenza della Capitale è stato smantellato, i dipendenti sono
passati da 1.300 a 130, e dato in appalto alle solite coop, incluse quelle di Buzzi. E la Roma delle ville monumentali si è trasformata in una distesa di sterpaglie. Un altro campo in cui la Raggi non ha rotto col passato.
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