Se Robbie Williams fosse Bennato potrebbe cavarsela con un «sono solo canzonette». Ma se a strimpellare la canzonetta è uno che nella propria carriera ha venduto 80 milioni di dischi ai quattro angoli del mondo la cosa rischia di essere molto seria. Soprattutto se nel video che l'accompagna compare un Robbie Williams intabarrato in una divisa con galloni e mostrine bordeaux in cui molti giurano di riconoscere non il cantante, ma la parodia del presidente Vladimir Putin.
La canzonetta che rischia di far riesplodere la secolare rivalità anglo russa si chiama Party like a Russian ed è contenuta in Heavy Entertainment Show l'ultimo album del cantante inglese la cui uscita è prevista a giorni. A scatenare la rabbia russa, provocando malumori e irritazioni quasi peggiori di quelle seguite al caso Litvinenko o alle sanzioni per l'Ucraina, è soprattutto il video che accompagna il singolo. In quel video un Robbie Williams, vestito con giacche e cravatte improntate al peggior cattivo gusto esibito da tanti oligarchi, s'aggira per una magione tutta legno, marmo e stucchi, circondato da ballerine inguainate in tutù di pelle nera e calze a rete. Ma in quei tre minuti di balletto e musica gli inferociti spettatori russi non vedono la caricatura di un oligarca. In quella caricatura sono convinti d'intravvedere una plateale presa in giro del loro Paese, dei loro gusti e del loro presidente. Una presa in giro, fanno capire i media di Mosca e dintorni, perfettamente in linea con gli attacchi indirizzati dai media occidentali al presidente Vladimir Putin e alle politiche del loro Paese. La canzonetta non sarebbe altro, insomma, che l'ennesima arma dell'arsenale propagandistico dispiegato in Occidente per colpire e dileggiare le politiche del nuovo «zar». Ma a ferire il nuovo orgoglio russo contribuiscono anche le parole. Nel video Williams parla apertamente di un leader che «allevia i contanti all'intera nazione, lascia solo spiccioli e si costruisce la sua stazione spaziale». Certo sono parole in rima, ma nell'assonanza ain't no refutin' or disputin' I' m a modern Rasputin («non confuto o disputo, Io sono un moderno Rasputin») è difficile non percepire il tentativo d'evocare il nome del presidente. Ed allora ecco che la canzonetta diventa un offesa nazionale. Non a caso la televisione di stato Vesti mette in onda uno speciale in cui attacca senza mezzi termini il cantante britannico spiegando come le offese alla Russia siano solo l'ultima disperata risorsa di un Robbie Williams ormai alla frutta. Un Robbie Williams, aggiungono i commentatori, «diventato negli ultimi anni più una memoria che una realtà». Ma quel che il cantante - abituato a milionari tour internazionali - teme di più sono, forse, le sanzioni di una nazione scandalizzata. Sull'argomento venale, ma al tempo stesso esiziale, indugia il tabloid popolare Life. Per insinuare il dubbio nella mente e nelle tasche del cantante la rivista scomoda un intero gruppo di esperti pronti a giurare che nei prossimi anni la star del pop inglese potrà scordarsi di cantare in Russia e dovrà quindi dire addio agli incassi in rubli.
E così Williams, punto sul vivo e nel portafoglio si affetta a precisare su Twitter che la canzone «non riguarda assolutamente il signor Putin». Ma la tardiva precisazione rischia di non bastare. A reagire con durezza alle «canzonette» di Robbie Williams non sono, infatti, soltanto i fedelissimi di Vladimir Putin. Roman Popkov, un uomo assai vicino a Mikhail Khodorkovsky definisce il video una solenne «m...». «Una m...
spiega - che rappresenta solo la volgare élite russa e non ha nulla a che fare con l'estetica, la bellezza o il romanticismo del nostro popolo». E se lo dice persino un amico e collaboratore dell'oligarca incarcerato ed esiliato da Putin c'è veramente da dubitare sui futuri successi russi di Robbie Williams.
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