Sala e il valzer sull'ospitalità a Milano

Sala e il valzer sull'ospitalità a Milano

Una giravolta sull'immigrazione. Neanche cinque mesi fa il sindaco di Milano Beppe Sala inviava all'ex premier Matteo Renzi una lettera dai toni forti, gli chiedeva «un cambio di passo sull'accoglienza dei profughi» perché «non continui a pesare come un macigno sempre più pesante sulle spalle delle città». Gli faceva notare che Milano negli ultimi tre anni ha già accolto 100mila richiedenti asilo.

Per la prossima estate, quando ri-esploderà l'emergenza, il capoluogo lombardo si prepara a ospitare fino a 1.100 profughi al giorno. Nel cambio di passo che chiedeva a Renzi, lo stesso Sala che nei mesi di mandato ha richiamato a Milano i soldati «congedati» dall'ex sindaco Pisapia per controllare le periferie, quel Sala che giorni fa ha ammesso di «non essere contrario in modo preconcettuale alla riapertura dei Cie», anche se gli uomini più a sinistra della sua giunta si sono già dichiarati contrari, proponeva anche un patto chiaro a chi arriva: «Noi faremo tutto quello che serve a darvi una mano, voi mostratevi disponibili da subito ad aiutarci dove serve, mettendovi a disposizione di programmi per conoscere le nostre leggi e la nostra lingua. Senza la vostra buona volontà non potremo garantirvi granché».

Tradotto: niente posto letto, magari un foglio di via.

Eppure due giorni fa è tornato a rivestire la maglietta del «compagno Beppe», promuovendo per il 20 maggio una grande manifestazione per l'accoglienza sul modello di Barcellona, cui inviterà altri sindaci. Gli stava meglio la giacca da sceriffo.

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