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Salari, sgravi e licenziamenti: il Jobs Act è una scatola vuota

La revisione last minute della riforma del lavoro ha reso il provvedimento più vago. E persino l'abolizione dell'articolo 18 è stata annacquata

Salari, sgravi e licenziamenti: il Jobs Act è una scatola vuota

Roma - La riforma del lavoro è una scatola vuota. Non c'è alcun annacquamento della riforma dell'articolo 18. Qualcuno ha voluto trovare nel maxiemendamento del governo un invito ad «abrogare» del tutto il reintegro per i licenziamenti illegittimi, previsto dallo Statuto dei lavoratori. Ma non c'è nemmeno quello. In realtà, come ampiamente previsto, la proposta di modifica last minute , presentata ieri rinvia tutte le decisioni sui nodi politici più complessi del Jobs Act.

1) LA FARSA LICENZIAMENTI

Nessun accenno ad una legge sulla rappresentanza dei sindacati, niente sulla disciplina dei licenziamenti. Anche se questo significa, come ha sottolineato una fonte di Palazzo Chigi e poi il relatore Maurizio Sacconi, che «viene mantenuto il testo della Commissione che prevede la riforma dell'articolo 18 sulla base delle tutele crescenti in relazione all'anzianità di servizio». Ma c'è dell'altro, sempre con la vaghezza e incertezza di un decreto legislativo.

2) NUOVE ASSUNZIONI

È ad esempio confermato l'impegno a rendere più attraente per i datori il contratto a tempo indeterminato, che il maxiemendamento individua come «forma privilegiata di contratto di lavoro». Ma nello stesso articolo si fa riferimento diretto alla previsione per le nuove assunzioni del contratto a tutele crescenti «in relazione all'anzianità di servizio». Cioè quella forma di rapporto di lavoro che di fatto supera il vecchio contratto a tempo indeterminato e anche alcune tutele, compreso l'articolo 18.

3) IL SALARIO MINIMO

Sempre nella parte che riguarda i contratti, c'è un accenno al salario minimo, come «sperimentazione» da estendere anche ai contratti di collaborazione e solo nei settori non regolati da contratto nazionale. La riduzione delle forme contrattuali diventa un invito a «semplificare, modificare, superare». Più che un passo indietro rispetto alla legge Biagi, sembra un invito a eliminare molte delle complessità sui contratti introdotte dalla legge Fornero.

4) FUORI LA TECNOLOGIA

Nella proposta di modifica, si prevede la «revisione della disciplina dei controlli a distanza» nei posti di lavoro «tenendo conto dell'evoluzione tecnologica». In altre parole, si chiede di rivedere l'articolo dello Statuto dei lavoratori che vieta l'uso di telecamere e altri dispositivi per sorvegliare i dipendenti. Norma superata dall'informatizzazione e dalle reti.

5) VANE SEMPLIFICAZIONI

Un intero capitolo è dedicato alla semplificazione delle assunzioni e degli adempimenti che riguardano il lavoro. Obiettivo: «dimezzare il numero di atti» necessari alle assunzioni e alle altre fasi del rapporti di lavoro.

6) MADRI A LAVORO

Poi misure per favorire la maternità per estendere le tutele a «tutte le categorie di donne lavoratrici». Quindi alle autonome e parasubordinate, anche quando i datori non pagano i contributi. Nei prossimi sei mesi dovrebbe arrivare anche un Tax credit per le lavoratrici con figli non autosufficienti. C'è anche la possibilità di cedere giorni di riposo, al netto delle ferie, tra dipendenti dello stesso datore, se il beneficiario è un genitore.

7) POCHI AMMORTIZZATORI

Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, c'è un rafforzamento dell'ASpI, ma anche l'impossibilità di attivare integrazioni salariali in caso di cessazione di aziende o di rami di azienda e anche «una maggiore compartecipazione» dei datori ai costi dei sussidi. Quindi un onere in più.

8) TANTE FALSE PROMESSE

Non c'è accenno agli 1,5 miliardi di euro in più, sui quali però, anche ieri, si è impegnato il ministro del Lavoro Poletti. Vaga, ma con un'indicazione precisa, la parte che riguarda la riforma delle politiche attive per il lavoro. L'intento è di garantire la fruizione dei servizi «su tutto il territorio nazionale» assicurando «l'esercizio unitario» delle funzioni amministrative.

9) MENO POTERI ALLE REGIONI

Tradotto, il governo pensa che le Regioni non debbano più gestire in totale autonomia le politiche per il lavoro e la formazione professionale. Sono da «razionalizzare» tutti gli incentivi da quelli per le assunzioni a quelli per l'autoimpiego. A coordinare le Regioni ci penserà un nuovo organismo, la Agenzia nazionale per l'occupazione. Sarà a costo zero, con il personale delle «amministrazioni o uffici soppressi».

10) L'AGENZIA UNICA

In arrivo anche un'Agenzia unica per le ispezioni del lavoro, che dovrebbe unificare le competenze che oggi si dividono Inps, ministero del Lavoro e Inail. Confermata l'estensione de ricorso ai voucher «nei diversi settori produttivi», ma torna il tetto dei 5mila euro l'anno.

Nelle prime bozze si prevedeva invece la possibilità di elevare anche il limite del reddito annuo del lavoratore legato ai buoni fiscali e previdenziali.

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