Se venerdì scorso Draghi parlava con tono possibilista di un suo imminente viaggio al Cremlino per incontrare Putin (un «colloquio richiesto dal leader russo» e che si terrà «a breve», spiegava in conferenza stampa l'ex Bce), ieri mattina Di Maio ha preso decisamente le distanze dalla cosiddetta via diplomatica. Lo ha fatto durante l'informativa sull'Ucraina nell'aula del Senato, con una premessa per certi versi ovvia ma che non è un dettaglio. «Stamattina ci siamo coordinati con il presidente Draghi circa i prossimi passi da compiere», dice infatti il ministro degli Esteri. Che dopo aver ribadito il massimo impegno dell'Italia «nei canali multilaterali di dialogo», ci tiene a sottolineare come il governo italiano non ritenga opportuno che ci siano «nuovi incontri bilaterali con i vertici russi finché non ci saranno segnali di allentamento della tensione».
Insomma, la missione del premier italiano a Mosca non si farà. D'altra parte, l'escalation degli ultimi giorni non è certo un buon viatico per una visita al Cremlino di un leader europeo. Senza considerare che un viaggio di Draghi in Russia avrebbe senso solo se ci fosse una ragionevole possibilità di portare a casa un qualche risultato. Altrimenti, il rischio concreto è quello del buco nell'acqua. Come, peraltro, è già accaduto ad alcuni leader europei. Compreso Macron, che però si è presentato al Cremlino forte della sua veste di presidente di turno dell'Ue. Circa due settimane fa, infatti, l'inquilino dell'Eliseo si è intrattenuto a colloquio con Putin a Mosca per ben cinque ore.
Arrivati a questo punto, insomma, è più ragionevole che l'Europa tratti con Putin con una sola voce. Non a caso, stasera Draghi sarà a Bruxelles per partecipare a un Consiglio europeo straordinario sulla crisi in Ucraina convocato ieri a metà giornata. Sul tavolo, ovviamente, ci sarà il nodo sanzioni. E anche l'Italia - uno dei Paesi dell'Ue più esposti sul fronte dell'approvvigionamento energetico - sarà per la linea dura. D'altra parte, non è questo il tempo della mediazione, una soluzione che per giorni Palazzo Chigi ha auspicato, ben cosciente del costo economico che rischia di pagare soprattutto il nostro Paese. Ora, però, lo scenario è cambiato. Con gli Stati Uniti e la Nato convinti che nelle prossime 36 ore Mosca si muoverà su Kiev con «un'invasione di larga scala».
Una tensione evidente anche nelle parole di ieri mattina di Di Maio al Senato. Così come in quelle del primo pomeriggio di Draghi. Che, intervenendo a un appuntamento pubblico organizzato a Firenze dalla Cei, non lesina critiche a Putin. Dal convento domenicano di Santa Maria Novella, infatti, l'ex numero uno della Bce lancia un messaggio di convivenza e fratellanza che è un duro affondo nei confronti del Cremlino. «Gli eventi in Ucraina - dice in un passaggio del suo discorso aggiunto all'ultimo - ci portano a ribadire che le prevaricazioni e i soprusi non devono essere tollerati».
Da parte del premier, insomma, niente più mezze misure. Con buona pace dell'approccio un po' più soft di questi ultimi giorni che gli è valso anche qualche critica dal Wall Street Journal, il quotidiano della finanza statunitense. Non è un caso che a Mosca non gradiscano. Né la presa di posizione mattutina di Di Maio, né le critiche pomeridiane di Draghi. «È una strana idea di democrazia», fa sapere polemicamente il ministro degli Esteri russo Lavrov criticando la scelta di non dar seguito agli incontri bilaterali che erano in fase di preparazione.
Una decisione che Draghi ha condiviso con i partner europei, tanto che anche il segretario di Stato americano Blinken e il ministro degli Esteri francese Le Drian hanno deciso di annullare gli incontri che avevano in programma con Lavrov.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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