Salvini chiude l'epoca delle felpe. "Via ai congressi, nuovi dirigenti"

Flop e astensione allarmano la Lega, il leader annuncia la "fase 2". Borghi: La colpa? Stare al governo con il Pd"

Salvini chiude l'epoca delle felpe. "Via ai congressi, nuovi dirigenti"

I ballottaggi confermano il momento negativo della Lega. Le sconfitte che bruciano di più sono quelle di Varese, culla del leghismo, e Torino, su cui Salvini puntava molto per strappare almeno una grande città al centrosinistra. Pesano poi, come test per il consolidamento della Lega al Centrosud, anche Caserta, dove il candidato sindaco del centrodestra era il leghista «sudista» Giampiero Zinzi, e poi Latina, feudo di Claudio Durigon, fedelissimo del segretario federale e suo luogotenente nel Lazio. Tutte piazze dove Salvini si è speso molto, andando per comizi anche più volte, ma finite tutte con un ko. Nelle parole del segretario leghista non c'è traccia di sconfitta, anzi a sentire il Capitano pare quasi una vittoria: «Se la matematica non è un'opinione abbiamo più sindaci di prima. Il centrodestra passa da 8 a 10 sindaci nelle città al ballottaggio. In Lombardia siamo passati da 8 a 2 a 5 a 5 se dovessimo fare un riassunto calcistico».

Al bilancio aggiunge un rammarico: «Ovviamente avremmo preferito vincere a Roma piuttosto che perdere a Roma». Un riferimento che suona come una frecciata alla Meloni, sponsor di Michetti. Anche per la sconfitta a Savona «fonti leghiste» attribuiscono la colpa all'«eccessivo protagonismo di Toti». L'altra critica del segretario è alla coalizione (leggi: agli alleati) per il ritardo nella scelta dei nomi: «Per questo ho già chiesto a tutto il centrodestra di presentare i nomi dei candidati sindaci (del 2022, ndr) entro la fine dell'autunno». Ma al netto dell'inevitabile scaricabarile dopo una sconfitta, c'è la sensazione che qualcosa nel rapporto tra Salvini e il suo popolo si sia rotto. Si rafforza l'idea che serva una rifondazione leghista, una fase 2 dopo la stagione delle felpe. Per questo Salvini annuncia un rinnovo di tutti i «segretari cittadini della Lega in tutta Italia», attraverso i congressi. E lancia una «campagna di ascolto del Paese reale», «un confronto serrato con categorie produttive e sociali, amministratori locali, famiglie e imprese. Da Nord a Sud. Obiettivo: riscrivere l'agenda delle priorità dopo la crisi Covid e interpretare al meglio la voglia di ripresa e di rilancio dell'Italia». O anche: riprendere il polso dell'elettorato, che sennò rischia di evaporare. Soprattutto quello dei ceti produttivi del nord. Cambiando dirigenti, e candidati. «Non è più la stagione degli improvvisati in politica, oggi la gente chiede di risolvere i problemi invece che fare slogan, vanno candidate persone che hanno una percorso nell'amministrazione» dice Matteo Bianchi, fedelissimo di Giorgetti.

Il deputato Dario Galli, ex viceministro al Mise, osserva con schiettezza: «Nella Lega serve una riflessione, dobbiamo capire come recuperare il nostro elettorato abituale, non è normale arrivare a queste percentuali di astensione». Per l'ala antigovernista la spiegazione semplice, è stare nella maggioranza di Draghi che penalizza la Lega. É la tesi dell'economista no-pass Claudio Borghi: «Alla Lega è mancata la carica rivoluzionaria, la presenza al governo con il Pd ha demotivato».

Nel frattempo, Salvini va avanti per la sua strada, sulle barricate contro Lamorgese («Usa gli idranti contro i lavoratori e i guanti bianchi con i delinquenti») e pensioni («guai a chi pensasse di tornare alla Legge Fornero»). Ma se Atene piange, Sparta non ride. Anche l'ala governista leghista è uscita male dalle elezioni. Non solo Varese e Torino (anche sotto la Mole il candidato aveva l'imprimatur del ministro leghista), ma persino nel Veneto di Zaia arrivano le batoste, a Este e Conegliano la Lega perde entrambi i ballottaggi. Campanelli di allarme persino in una roccaforte come il Veneto.

Salvini però guarda avanti: «Lo zero virgola in più o in meno in questo momento non mi preoccupa, il nostro obiettivo è vincere le elezioni politiche tra un anno». Ma tutta la fretta di andare al voto anticipato sembra non esserci più.

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