«Il forno con Di Maio non è ancora chiuso» dicono dalla Lega, anche se il giudizio sul leader dei Cinque stelle è molto peggiorato dopo l'ultima giravolta («Con Salvini si chiude qui, ora accordo col Pd oppure il voto»). Gli aggettivi che si raccolgono interpellando i colonnelli leghisti a proposito di Di Maio e dei suoi vanno da «inaffidabili» a «bulimici di potere», o nella versione più soft dei dilettanti («In politica, come nella vita, bisogna sempre lasciarsi lo spazio per tornare indietro. Oggi qualcuno non l'ha capito. Haihaihai» bacchetta sui social il senatore Raffaele Volpi, molto vicino a Salvini e Giorgetti), però il dialogo col M5s è ancora aperto, a tenere i contatti non è direttamente Salvini ma un suo ambasciatore.
Perciò le cannonate di Berlusconi ai Cinque Stelle, ritenuti inattendibili ma ancora indispensabili per la formazione di una maggioranza di governo, vengono accolte con fastidio dai vertici del Carroccio. «Berlusconi paragona i 5Stelle ai nazisti? È meglio tacere, e rispettare il voto degli italiani, invece di dire sciocchezze. Io voglio dare un governo all'Italia, sono stufo di insulti, capricci e litigi» è il commento di Salvini alla frase attribuita a Berlusconi («Davanti ai Cinque stelle la gente si sente come gli ebrei al primo apparire della figura di Hitler»). La temperatura tra gli alleati è altissima, lo dimostra la replica dell'ex capogruppo azzurro Renato Brunetta, per cui a non rispettare il voto degli italiani sono il veto dei 5s su Berlusconi e quello di Salvini nei confronti del Partito democratico, «e per quanto riguarda le sciocchezze, che dire a proposito delle passeggiate su Roma alla vigilia del 25 aprile?» (riferimento alla battuta di Salvini sulla «passeggiata» leghista su Roma in caso di accordo M5s-Pd).
Restano forti nella Lega i sospetti che Berlusconi voglia sabotare il dialogo con Di Maio per rilanciare un'intesa col Pd renziano, visto come il fumo negli occhi dai leghisti, e comunque dare l'appoggio ad un governo del presidente che allontani nuove elezioni. Il voto di domenica in Friuli Venezia Giulia, in cui la Lega punta a superare gli azzurri con un margine molto netto, rafforza la prospettiva. «Se loro scendono e noi raddoppiamo o triplichiamo i nostri voti, Forza Italia sarà ancora più decisa ad allontanare le urne e quindi a dar vita a qualche governo, anche se con un ruolo secondario» spiega un leghista di lungo corso.
Un'altra ipotesi in campo è quella sostenuta da Berlusconi e Meloni, ma caldeggiata molto meno da Salvini che però ne sarebbe il protagonista. Ovvero, un governo di centrodestra guidato da Salvini che trovi una maggioranza in parlamento. La leader di Fdi lo va dicendo da tempo: «Il centrodestra deve tenere in considerazione l'ipotesi di chiedere un incarico, che poi è il rispetto della volontà popolare, e quindi andare in aula a cercare dei voti». I problemi sono (almeno) due. Primo: quali voti? Si punterebbe agli eletti con l'uninominale del M5s, meno legati all'apparato grillino, e a un pezzo del Pd, oltre ai «cani sciolti» tra Misto ed eletti all'estero. Ma Salvini ha sempre ripetuto di non voler «raccattare» voti in Parlamento, piuttosto elezioni. E poi Mattarella darebbe mai un incarico pieno a queste condizioni? Secondo problema: i leghisti sospettano che l'«investitura» di Salvini da parte degli alleati sia soprattutto un modo per bruciarlo, facendogli fare il premier traballante per pochi mesi. I big azzurri la spiegano diversamente.
Un governo di centrodestra potrebbe trovare i voti «in Parlamento e sulla base di una agenda paese, ma condivisa, non imposta come per il M5s» spiega la capogruppo Mariastella Gelmini. I doppi forni (col M5s e col Pd) restano aperti, ma c'è il rischio di ustionarsi.
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