Salvini sconfessa Giorgetti: i minibot sono nel contratto

Caos nella Lega dopo l'attacco a Borghi. Il leader chiude la polemica ma l'ala dei «responsabili» è in fibrillazione

Salvini sconfessa Giorgetti: i minibot sono nel contratto

Dopo la stoccata di Giancarlo Giorgetti al leghista euroscettico Borghi sui minibot («C'è ancora chi crede a Borghi? Ma vi sembrano verosimili i minibot?») nella Lega scatta la gara a chi va più veloce in retromarcia. Il primo è lo stesso Giorgetti, uno che non ama stare al centro di polemiche e preferisce di gran lunga essere descritto come un mediatore democristiano che vestire i panni (per lui totalmente inadatti) dell'oppositore interno. C'è forse una contrapposizione tra i consiglieri economici di Salvini? Ma figuriamoci, han capito male i giornalisti ovviamente. «Ma no, stavo scherzando. Intendevo dire che se uno vuole puntare sulla Svezia per le Olimpiadi, consiglierei di puntare i minibot... è nata così una discussione simpatica che in Italia ha provocato un caos incredibile» smorza Giorgetti per chiudere il caso derubricandolo a «discussone simpatica». I due si sono sentiti al telefono, come conferma anche Borghi: «Giancarlo ha ricordato che scherzava. Nessuna retromarcia sui minibot, le idee si possono cambiare ma non si cambiano certo con una battuta. E se Salvini non fosse stato d'accordo non entravano nel programma della Lega e nel contratto di governo con il Movimento 5 Stelle». E a fine giornata arriva direttamente Salvini a chiudere la «discussione simpatica» dando ragione a Borghi, in realtà per non litigare con Di Maio che considera utili i minibot: «La posizione della Lega e del governo è nel contratto. È evidente che pagare i debiti con le imprese e con le famiglie è una priorità per il mio Movimento. Sul come farlo il dibattito è aperto, l'importante è farlo»

Dietro le posizioni ufficiali però le spiegazioni dell'incidente sono differenti. C'è chi parla di un nuovo «cerchio magico» attorno al leader, fatto da personaggi che non hanno una storia di militanza nella Lega (come Borghi, Bagnai, Siri o il nuovo arrivato Rinaldi) ma che sono entrati nella cerchia ristretta di Salvini grazie alle teorie economiche avvincenti sull'uscita dell'Italia dall'euro e l'opportunità di fare più debito pubblico in barba ai vincoli europei. Idee che fanno presa sull'elettorato e che Salvini ha cavalcato macinando consensi, ma su cui invece il prudente Giorgetti è più scettico. E il sottosegretario leghista, inaffondabile delfino dei leader della Lega da Bossi a Maroni a Salvini, non è da solo. Altri big del partito sono sulla stessa linea, poco inclini alle fantasie economiche degli consiglieri no-euro (tipo il viceministro Garavaglia: «Se si fa il minibot erga omnes si fa un casino») e semmai impegnati a trovare un punto di equilibrio con Bruxelles, dove Giorgetti potrebbe addirittura approdare come commissario italiano. Se uno strappo va fatto, semmai, è quello con i grillini, non con l'Europa o con la Bce di Mario Draghi, con cui il sottosegretario leghista è in ottimi rapporti, come pure con il Quirinale. L'area dei leghisti responsabili coincide infatti con quella di chi non vede l'ora di staccare la spina al governo gialloverde. Qui ci sono i governatori leghisti (Zaia, Fedriga, Fontana), appunto Giorgetti, il ministro Fontana che non ha mai perdonato gli attacchi del M5s contro il family day a Verona.

Ma c'è anche un'altra teoria, che vede un parallelismo tra la dialettica Di Battista-Di Maio nei Cinque Stelle e i segnali di nervosismo lanciati da Giorgetti verso l'asse tenuto in piedi dal segretario. Lungi dal vedere in Giorgetti un aspirante leader della rivolta interna contro i grillini, c'è chi ipotizza un gioco di squadra tra lui e Salvini.

Il quale utilizzerebbe il sottosegretario per lanciare avvertimenti ai 5S o bocciare idee strampalate che renderebbero più concreta una procedura di infrazione. Salvo poi smentirlo, come sui minibot. Una dialettica bizzarra, ma in una maggioranza strana come quella Lega-M5s tutto è possibile.

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