Salvini vuole spezzare l'assedio e minaccia di fare saltare tutto

Ecco che cosa dirà al Colle: la Lega è vittima di un attacco giudiziario tipo "schema Berlusconi", il voto va rispettato

Salvini vuole spezzare l'assedio e minaccia di fare saltare tutto

La Lega ha il diritto di poter contare sugli strumenti idonei a poter «concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale», come recita la Costituzione? È davvero possibile immaginare che, in forza della sentenza della Cassazione, possano essere bloccate le entrate provenienti dal 2 per mille ai partiti, entrate provenienti da versamenti volontari degli elettori? La magistratura ha idea dei sacrifici che sono stati fatti in questi anni licenziando personale, chiudendo La Padania, ridimensionando la radio? Sono queste alcune delle domande che ricorrono dentro la Lega, alla vigilia dell'incontro tra Matteo Salvini e il Capo dello Stato fissato per domani - incontro sul quale ha lavorato molto Giancarlo Giorgetti - e annunciato su Twitter dal leader del Carroccio. Un senso di insofferenza che, sommato ai sondaggi che danno da settimane la Lega in costante crescita, fa balenare una tentazione: ripresentarsi alle urne per incassare una sorta di plebiscito e chiudere definitivamente i conti con il passato, spazzando via le trappole disseminate sul cammino della missione governativa. Una via, naturalmente, che potrebbe essere percorsa soltanto qualora non si registrasse alcun segnale di inversione di rotta.

«Lunedì a mezzogiorno incontrerò Mattarella. Avrò il piacere di spiegargli le tante cose fatte nel mio primo mese da ministro, per mantenere le promesse, per difendere i confini, per proteggere gli italiani e riportare ordine, rispetto e tranquillità in Italia. #Primagliitaliani». Una comunicazione in cui non si parla esplicitamente del sequestro conservativo da 49 milioni di euro disposto dal Tribunale di Genova sui beni della Lega Nord dopo la condanna di Umberto Bossi e dell'ex tesoriere Francesco Belsito. Ma in cui si fa riferimento semplicemente all'attività politica e governativa, quella stessa attività che sarebbe messa in pericolo dall'entrata a gamba tesa della magistratura.

Il ministro dell'Interno non fa mistero di sentirsi nel mirino, teme che possa ripetersi lo schema Berlusconi, chiede che sia rispettata la volontà popolare e non si individui nella Lega il nemico da abbattere. Insomma non ci sta a farsi rosolare a fuoco neppure troppo lento e ad accettare una sorta di sequestro permanente che se applicato alla lettera equivarrebbe a una forte limitazione dell'agibilità politica.

Particolarmente fastidiosa viene considerata da Salvini l'accusa di non essersi costituito come parte civile contro Umberto Bossi. Una interpretazione paradossale visto che il leader della Lega incrocia da sempre la spada con il fondatore e non ha voluto per un senso d'onore e riconoscenza storica portare lo scontro politico su un altro terreno. Ma questo non significa che non consideri la Lega parte lesa, così come avvenuto per altri partiti in situazioni simili. Inoltre la smisurata estensione della cifra bloccata - la sottrazione di fondi oscillerebbe tra i 300mila e i 500mila euro mentre i 49 milioni sono il totale percepito in quel periodo - è l'altro aspetto che usando un eufemismo genera perplessità.

Di certo Salvini sta preparando una prima controffensiva: «decine di querele» nei confronti «di chi parla a sproposito di soldi rubati dalla Lega», quindi politici e giornalisti. Un modo per lanciare un segnale e invertire quella rotta propagandistica che gli avversari stanno iniziando a cavalcare.

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