«Li guardo sempre negli occhi, velati dalla tristezza perché devono lasciare le persone amate; ma non vedo paura, più che altro sincerità e determinazione. Poi, quando hanno in mano il bicchierino con il farmaco letale, s'illuminano come a dire: ce l'ho fatta». Sandra Martino, di 47 anni, è una cittadina svizzera che ha un lavoro particolare: accompagna la gente che ha deciso di morire. E raccontare la sua esperienza in una lunga intervista pubblicata oggi su Panorama che dedica la storia di copertina proprio all'argomento della «dolce morte».
Sandra lavora alla Dignitas di Zurigo, un'organizzazione no-profit che dal 1998 al 2015 ha accompagnato alla fine 2.127 candidati all'eutanasia. Il suo ruolo è quello di analizzare diagnosi e referti, corredati dai racconti dei tanti disperati che le inviano lettere perché non ce la fanno più a resistere e aspettano una risposta. Gli italiani che si rivolgono alla Dignitas sono in media 15 all'anno (le domande accolte sono da quattro a cinque), su un totale di circa 200 che cercano una «dolce morte» in Svizzera: l'unico Paese europeo che dal 1942 pratica il suicidio assistito anche su stranieri.
A Panorama, Martino racconta alcuni casi che ha seguito. Come quello di una ragazza di neanche 30 anni, imprigionata nel corpo dalla Sclerosi laterale amiotrofica. «Lei voleva davvero suicidarsi, ma sua madre mi chiese: Qual è il senso di mettere al mondo una figlia se devi accompagnarla a morire?»
Ma il popolo degli sconfitti della vita che voglio abbandonare il mondo prima del tempo sono molti e tutti diversi. E gli italiani che si rivolgono alla Dignitas sono intellettuali, artisti, giudici e manager. «Nomi noti, ma anche uomini della strada: gente che a volte non ha più risorse perché da anni combatte contro la malattia. E poi grandi anziani, sempre affetti da patologie inguaribili».
Accanto a Dignitas esistono altre realtà svizzere che propongono dei pacchetti a pagamento per il passaggio nell'aldilà. Gli ambienti sono più o meno confortevoli, ma tutti alla fine arrivano alla sostanza del viaggio: bere il famoso bicchierino che prima addormenta e poi crea arresto cardiaco. Il costo del viaggio senza ritorno si aggira attorno ai 10 mila euro e comprende pure la cremazione finale. Insomma, un bel gruzzoletto. E vien da pensare che bisogna risparmiare pure per andare a morire senza sofferenze.
Inoltre, il suicidio assistito viene consentito, soldi o non soldi, solo se la situazione clinica di un soggetto è proprio al capolinea. Il paziente, infatti, deve produrre cartelle cliniche che accertino il suo stato di malato terminale e mandarle all'associazione svizzera che ha scelto affinché dia seguito alla sua richiesta.
Bisogna che sussistano, dunque, malattie incurabili e demenze senili gravi ma non fino al punto da non comprendere il gesto che si vuole compiere: il medico svizzero, dopo un controllo, accende il semaforo verde, ma l'ultima parola spetta a comunque al malato che deve portare il bicchiere alle labbra in piena autonomia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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