La tornata elettorale di ieri questo almeno raccontano i primi dati, quando è da poco scoccata la mezzanotte pare consegnare allo scenario politico dei prossimi mesi un dato fattuale e uno psicologico. Il primo dice che l'Emilia Romagna resta in mano al centrosinistra, mentre il centrodestra conferma le previsioni della vigilia e stravince in Calabria. Il secondo racconta un Pd che fino a poche ora prima del voto temeva di andare incontro a una débâcle che sarebbe passata alla storia e un Matteo Salvini che iniziava davvero a credere di essere a un passo dall'espugnare la roccaforte rossa per antonomasia, con tutte le ricadute politiche che questo avrebbe comportato. Non sembra andrà così, a dispetto delle previsioni di buona parte dei sondaggi dell'ultima settimana. E questo non può che essere motivo di grande entusiasmo per chi pensava di essere sul ciglio del baratro e di fortissima delusione per chi si era illuso di essere ad un passo dal paradiso.
Il Pd, dunque, vince la sua partita. Perché il risultato della Calabria era ampiamente scontato e i riflettori erano tutti puntati sull'Emilia Romagna. E la vince anche il governatore uscente Stefano Bonaccini che sembra aver resistito all'assalto di Salvini, onnipresente in tutte le piazze della regione nel tentativo di «espugnare» la roccaforte rossa. Assalto fallito, questo lasciano pensare i primi dati, anche per l'alta affluenza (oltre il 65%) alle urne. Una sorta di «effetto sardine», che sarebbero riuscite di fatto a riportare al voto quel pezzo di popolo del centrosinistra che alle regionali di cinque anni fa disertò in massa. Un successo, quello di Bonaccini che nonostante il dato storico di un Pd che per la prima teme di perdere in Emilia Romagna pesa proprio per la rilevanza nazionale che il leader della Lega ha voluto attribuire al voto.
E la ricaduta non potrà che essere quella di un governo più saldo. Perché se è vero che si vanno modificando i rapporti di forza tra M5s e Pd all'interno della maggioranza, è evidente che sarà l'istinto di autoconservazione dell'esecutivo a guidare le mosse dei prossimi giorni. Pur essendo uscito vincitore, infatti, il Pd non farà nulla che possa mettere in difficoltà un M5s che continua la sua lenta e così pare ineluttabile agonia. Come i Cinque stelle si guarderanno bene dall'aprire fronti polemici, sia all'esterno che all'interno del Movimento (dove il redde rationem con Luigi Di Maio si è non a caso consumato prima del voto). Una tornata elettorale, insomma, da cui Giuseppe Conte sembra uscire decisamente più stabile.
Se il voto blinda la maggioranza, è invece possibile che abbia contraccolpi diversi sull'opposizione. Si dovrà ragionare a bocce ferme e dopo aver analizzato con calma i voti delle singole liste, ma se la forbice tra Bonaccini e la candidata della Lega Lucia Borgonzoni è quella delle prime proiezioni è evidente che siamo davanti ad una sonora sconfitta di Salvini. Perché è stato lui a volere fortemente una candidata che non ha mai convinto gli alleati della Lega (da Fratelli d'Italia a Forza Italia), nella certezza che avrebbe potuto sopperire ai suoi limiti facendogli come ha fatto la campagna elettorale piazza dopo piazza. Se davvero la forbice è anche solo vicina ai dieci punti che ipotizzavano ieri notte le proiezioni Swg, vuol dire che il leader della Lega ha sbagliato tutto. Probabilmente senza neanche rendersene conto, altrimenti non avrebbe continuato fino alla vigilia del voto a fare delle elezioni in Emilia Romagna una disfida nazionale.
Bisognerà fare i conti voti di lista alla mano, ma è chiaro che il voto in Emilia Romagna rischia di pesare come un macigno su un Salvini che fino a qualche ora fa era convinto di poter fare il colpaccio.
Certo, i voti della Lega restano tanti, sempre intorno al 30%. Come resta il fatto di aver perso malamente una partita che l'ex ministro dell'Interno ha preteso di giocare da solo, convinto non solo di essere in partita ma anche di poterla vincere.
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