Il sarto che ha fatto le scarpe al Papa (ma non trova eredi)

Virgilio Virgili a 83 anni crea borse e cinture «I giovani? Non vogliono fare gli artigiani»

Il sarto che ha fatto le scarpe al Papa (ma non trova eredi)

Immerso nelle sue borse lui sta fin troppo bene. Lungo il viale di quelle bancarelle al mare, sguardo da Indiana Jones, al capo indossa un cappello di paglia, bandana gialla attorno al collo, camicia di jeans semi abbottonata, borsello e cintura; al taschino tiene un taccuino e dentro la tasca dei pantaloni ha uno smartphone dove aggiorna il suo blog, condivide le foto e le mostra orgoglioso a chi crede che lui abbia una storia da raccontare. Perché é proprio così. Virgilio Virgili 83 anni il prossimo 2 ottobre, classe 1936, realizza borse con le sue mani. Nato a Monterubbiano in provincia di Fermo, nelle Marche, è uno degli ultimi artigiani rimasti in questo deserto dei tartari. «Sono rimasto solo», ci dice mentre ci avviciniamo incuriositi una sera d'estate a Porto San Giorgio. Solo. Come tutti gli artisti. Come tutte le persone che lavorano di passione per sconfiggere questo mondo fatto di omologati, di insaccati, di bustine sottovuoto pronte da usare, consumare e gettare via. Senza lasciare il segno. Senza lasciare memoria. Senza lasciare impronta. Ma lui di memoria ne ha tanta. Fin troppa. E di fermarsi non ne vuole sapere. Perché lo sente dentro. Perché lo spinge la passione. E lo spegne la rassegnazione. Anni e anni di gavetta, nelle fabbriche, negli studi. Anni e anni passati a disegnare, a fare schizzi, a sperimentare nuove mode, a fucinare nuovi modelli.

La sua carriera comincia nel 1954 a diciotto anni, e nel 1956 la consegna delle scarpe a Papa Pio XII, assieme ad altre giovani promesse della moda, lo fa spiccare. «Dovevo andare alla scuola per stilisti di Jesi - racconta al Giornale - ma non potevo. Così andai a scuola dai preti. Disegnavo. Disegnavo e disegnavo. Lì conobbi un prete che aveva contatti con Roma che dopo aver visto i miei disegni mi disse di disegnare le scarpe per il Papa. E così feci» continua mentre estrae dalla tasca lo smartphone, e con dito veloce ci fa vedere la foto della consegna delle scarpe a Pio XII, in carica fino al 1958. «Questo sono io». Dopo quell'esperienza capisce ancor di più che quella è la sua vita e negli anni a venire, dopo l'offerta di un lavoro come insegnante in India, decide di mettersi in proprio e di diventare un professionista. Collabora con marchi internazionali. Realizza borse, borselli, cinture. E lo fa tuttora, nella sua bottega di Casette D'Ete, una piccola frazione in provincia di Fermo. Nel suo biglietto da visita ci sta scritto: «Design e tecnica per pelletterie». Le fibie le disegna lui. Le schizza. Le fa stampare. E le colora. Ma le borse soprattutto. Realizzate a mano. Cucite. E prima disegnate. Per farne una impiega quattro giorni. Borse di cuoio, di pelle, alcune realizzate con stoffe, tappeti, vari materiali. Vari modelli. Ci sta pure la borsa fatta con la pelle di rospo. O con la pelle di serpente. «Questo è un rospo maschio - ci dice indicandoci una borsetta nera a forma di cubo con in rilievo la pelle dell'animale - si riconosce dalla pancia». E poi quei borselli. «Ma la pelle?». «La pelle la prendo io o la recupero da amici». Virgilio, che ha un figlio, che però ha preso un'altra direzione, ha provato varie volte a lanciare appelli, a cercare qualcuno che volesse «imparare» il suo mestiere.

O

perlomeno provarci. Ma niente. «Ho avuto ragazzetti che rimanevano da me tre quattro mesi, poi basta se ne andavano. È un mondo così il nostro. Siamo spariti. E se sparisce l'artigianato sparisce il lavoro fatto a mano».

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