Roma - Non è una vera e propria resa dei conti, ma qualche sassolino dalla scarpa il maggiore Giampaolo Scafarto prova a toglierselo al termine dell'interrogatorio al quale è stato sottoposto ieri per il caso Consip, inchiesta alla quale ha lavorato per conto del pm napoletano Henry John Woodcock prima che fosse tolta ai carabinieri del Noe.
«Chi ha avvertito Tiziano Renzi che aveva il telefono sotto controllo? Lo sapevamo in tre: io, che non sono stato, un mio maresciallo e Woodcock», dice ai cronisti al termine del faccia a faccia con i magistrati romani che lo hanno indagato per falso - perché avrebbe falsificato un'informativa per incastrare babbo Renzi - rivelazione del segreto e depistaggio, reato per il quale è stato sospeso per un anno dal servizio. Scafarto sostiene di non aver taroccato nessun verbale sul padre dell'ex premier, a sua volta indagato per traffico di influenze, e di non avere nulla contro di lui. Eppure adesso che la Procura di Roma ha archiviato l'accusa di concorso in falso ipotizzata inizialmente nei confronti di Woodcock per l'informativa in cui si segnalava erroneamente la presenza dei servizi segreti durante alcune attività di indagine, Scafarto pone alcune questioni irrisolte, partendo dal fatto che lui non ha mai fornito a nessuno notizie riservate sull'inchiesta Consip. Una di queste domande è relativa alla telefonata che il 7 dicembre 2016, soltanto due giorni dopo l'avvio delle intercettazioni nei confronti di Renzi senior, l'autista del camper di Matteo Renzi al tempo della campagna per le primarie del Pd fece all'imprenditore Carlo Russo per conto di Tiziano invitandolo a non chiamare più il «babbo». «Lo sapevamo in tre e non ne parlammo mai con nessun altro. Chi ha dato quell'informazione? Io aspetto una risposta», insiste Scafarto, escludendo di essere stato lui la gola profonda. Forse i servizi segreti, che avevano fatto capolino nella famosa informativa? Ma chi li avrebbe avvertiti? Parlando con i giornalisti il carabiniere ha comunque parole di stima per Woodcock («È un bravo professionista, sono contento per la sua archiviazione») e ribadisce di non aver mai fatto nulla contro Renzi. «Anzi - rivela - ricordo una volta di aver corretto quanto verbalizzato da un mio collaboratore che attribuì erroneamente a Marco Carrai (vicino alla famiglia Renzi, ndr) una conversazione riconducibile invece ad un altro soggetto».
Alla fine fa anche una precisazione riguardo a quanto dichiarato al Csm dal procuratore di Modena, Lucia Musti, al quale Scafarto avrebbe rivelato in relazione all'inchiesta Consip che «sarebbe scoppiato un casino e sarebbero arrivati a Renzi».
«È provato - dice - che ho incontrato l'ultima volta il magistrato l'11 luglio 2016 e che le apparecchiature per le intercettazioni nell'ufficio di Alfredo Romeo (l'imprenditore napoletano arrestato per corruzione per gli appalti Consip intorno a cui gira l'indagine, ndr) sono state installate il primo agosto 2016. La conversazione che chiama in causa Tiziano Renzi è del 3 agosto. Dunque l'11 luglio il nome di Renzi senior non esisteva affatto in questa inchiesta».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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