Il paradosso della Election Night è che, a fronte di un'attesa spasmodica per conoscere il nome del prossimo presidente degli Stati Uniti, si ha la quasi certezza che non saranno queste le ore decisive. A meno di un improbabile voto a valanga che spazzi via le speranze di uno dei due rivali, sarà infatti necessario attendere una serie di sviluppi che vanno al di là del puro e semplice conto dei voti. Quasi cento milioni di suffragi espressi in anticipo fanno sì che il conteggio della notte si rivelerà insufficiente a determinare un vincitore certo. Le regole per la computazione delle schede compilate prima di ieri variano da Stato a Stato, e in diversi Stati decisivi i voti potranno essere contati solo nei prossimi giorni. Facile dunque prevedere che gli avvocati delle due parti potranno svolgere ruoli da protagonisti, come del resto Trump ha già anticipato.
Intanto, nelle prime ore dopo la chiusura dei seggi, l'attenzione è concentrata sulla costa atlantica, da dove per motivi di fuso orario i dati hanno cominciato a fluire prima. Qui ci sono Stati popolosi, diversi dei quali hanno per via del sistema elettorale che attribuisce valore alle vittorie locali e non alla somma dei voti a livello nazionale un peso strategico decisivo. Fonti della campagna democratica lasciavano filtrare maggiore preoccupazione per Stati del Sud come la Florida, la North Carolina e la Georgia che non per i contesissimi «swing States» del Nord come il Michigan, la Pennsylvania e il Wisconsin: obiettivi questi ultimi quasi irrinunciabili per Trump che solo se riuscisse a prevalervi potrebbe sperare in una vittoria in rimonta dell'ultim'ora. Ma dalla campagna del presidente-tycoon giungeva solo una generica manifestazione di ottimismo e l'ammissione che in ogni caso ci si doveva attendere una corsa testa a testa. Qualche ora più in là nella notte erano attesi i fondamentali numeri in arrivo dall'Ohio, e poi appunto dal Michigan e dal Wisconsin. Sempre avendo presente che i dati saranno solo in alcuni casi quelli definitivi, mentre in altri sarà appunto necessario attendere l'integrazione di successivi conteggi.
Ma ci sono diversi aspetti che è necessario tener d'occhio per cercare di comprendere come finirà questa corsa alla Casa Bianca. Il primo rimane l'anomalia rappresentata dalla gran massa di voti espressi in anticipo. In linea generale si ritiene che siano in maggioranza pro Biden, ma nelle ultime settimane anche molti elettori repubblicani registrati hanno cominciato a votare per tempo: è dunque possibile un tradivo effetto pro Trump. C'è poi il peso rilevante dei sondaggi, i clamorosi perdenti delle scorse presidenziali. Le stime dei sondaggisti potrebbero oggi essere più attendibili. Biden è rimasto costantemente in vantaggio a livello nazionale, ma di recente ha visto erodersi il margine dal 10 al 6,5 per cento. Anche se ieri sera il responsabile della campagna di Biden si è detto certo che anche perdendo Florida e Pennsylvania il candidato dem si imporrà perché avrebbe 8 punti di vantaggio negli Stati decisivi.
Grande rilievo ha assunto poi e anche qui Trump non nasconde le proprie intenzioni il tema della possibile contestazione della validità dei risultati. Il presidente uscente promette ad esempio di mettere in discussione l'ammissibilità nel computo dei voti postali giunti dopo la data del 3 novembre. Ma è possibile che ci siano anche una serie di contestazioni sulla validità dei conteggi in quegli Stati (e potrebbero non essere pochi) in cui lo scarto tra i due candidati si rivelasse minimo. Si aprirebbero così contese legali di non breve durata che costringerebbero l'America e il mondo a restare in attesa. Qui è bene sapere che ogni Stato ha tempo fino all'8 dicembre per stabilire definitivamente a chi attribuire i propri grandi elettori.
Ma se uno o più casi rimanessero irrisolti, la disputa passerebbe alla Corte Suprema, o potrebbe dover esser presa in carico dal nuovo Congresso (si vota anche per quello, che entrerà in carica il 3 gennaio). Una cosa rimane certa: il mandato del presidente termina comunque il 20 gennaio, anche in caso di una clamorosa crisi istituzionale a Washington.
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