No, non è una rifondazione. L'impressione è che non ci sia nulla da ricostruire. Il male oscuro del Pd è in questo senso di smarrimento che sembra coinvolgere l'intero partito, come una banda di naufraghi che da tempo ha smesso di riconoscersi in qualcosa che non sia evanescente e virtuale. È il dramma di una dissoluzione, che si cerca di curare rifugiandosi in un tempo sospeso, rinviando il più a lungo possibile il momento di fare i conti con quello che si è o si vorrebbe essere. In questi giorni la seduta psicanalitica riguarda lo statuto del partito, che viene modificato per aprire una «costituente». L'idea è di riportare a casa quel pezzo di «Ditta» che nel 2017 se ne era andato, con il buon Bersani in testa, per sfuggire alla rottamazione di Renzi. Enrico Letta da tempo ritiene che quella ferita sia la cicatrice lasciata dal renzismo sulla pelle della sinistra. È chiaro che non si torna mai al punto di partenza. Il ritorno dei profughi non può essere sereno. C'è da far pagare il costo delle umiliazioni e i segni dello sradicamento. Gli «Articolo 1» non saranno una corrente del Pd, ma vogliono restaurare l'identità. Roberto Speranza, ex ministro della Salute del governo Draghi, torna a casa dopo un lungo percorso e non si accontenterà di un ruolo di frontiera. «La Costituente immaginata da Enrico Letta - sostiene - deve avviare una grande discussione sull'identità. Chi siamo? Chi vogliamo rappresentare?». È una domanda a cui il Pd da tempo non riesce a rispondere. Non solo perché non lo sa, ma probabilmente perché non vuole. Ha paura di essere qualcosa. Sono troppi anni che si è accontentato di «non essere», tanto da definirsi solo come anti qualcosa. Questa storia dello «statuto» non aiuta. È un'altra ipocrisia, una nuova finzione. Si cambiano le regole anche per permettere a Elly Schlein, che non ha la tessera del Pd, di candidarsi alle primarie. Non è un paradosso? Un tempo il Pd segnava con il fuoco i propri confini. Le primarie furono chiuse per Pannella e poi per Grillo, considerati «estranei» e «provocatori». Adesso invece si corre ad aprire le porte. Non c'è niente di male, ma la sensazione è che in questo partito tutto sia sempre improvvisato. Le regole si piegano alle situazioni, alle persone. Tu sì, loro no non per la forza della norma, ma per arbitrio.
Ma perché Elly Schlein, deputata del Pd, candidata alla segreteria del Pd, finora ha scelto di non riconoscersi nel Pd? Cosa c'è di così respingente in quella tessera? I vecchi iscritti a questo club avrebbero diritto a chiederlo alla Schlein, mica per polemica o per dispetto, solo per naturale curiosità. Scusa, ma perché non hai la tessera? E magari lei potrebbe rispondere come Groucho Marx: «Non vorrei mai far parte di un club che accetti fra i suoi membri una tipa come me».
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