Una volta c'era l'homo faber, il piccolo borghese d'Italia, infaticabile artefice della propria fortuna e ricchezza. Mattone dopo mattone, le famiglie italiane hanno costruito i loro piccoli imperi (non) finanziari, senza lasciarsi legare le mani dalla burocrazia e dai suoi codici. Imparando a masticare l'incomprensibile linguaggio del revisore dei conti, gli acronimi impronunziabili come le lunghe attese e uno snervante ginepraio di adempimenti. Sempre più gravosi. Finché in vista delle elezioni riaffiora la speranza che le regole si possano cambiare. Senza Scia, Cila, Durc, Ape (Attestato di prestazione energetica) e agibilità varie. L'edilizia libera, d'altronde, è un miraggio che si esaurisce nei piccoli interventi di manutenzione ordinaria, poco al di là della pavimentazione. Per tutto il resto serve la Cila (acronimo di Comunicazione inizio lavori asseverata) firmata dal richiedente e dal progettista e accessoriata da una gran quantità di scartoffie: la relazione asseverata sottoscritta da un tecnico abilitato che certifichi la bontà dei lavori, gli elaborati di progetto e la documentazione fotografica dell'immobile, i dati dell'impresa e il sopracitato Durc. Più minimal la documentazione in caso di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo: è sufficiente la Scia (Segnalazione certificata di inizio attività) per far partire i lavori. È un passaggio burocratico che consente al cittadino di eseguire, nell'immobile di sua proprietà, alcuni lavori edilizi non strutturali. Il comune interessato ha trenta giorni per effettuare i controlli ed eventualmente bloccare l'attività o richiedere che venga adeguata alla normativa vigente. E si riparte dal via. Niente a che vedere con le asperità che si devono affrontare per ottenere il Permesso a Costruire che deve superare la probatio diabolica della conformità agli strumenti di pianificazione urbanistica del comune di riferimento. Dalla presentazione dell'istanza, solo dieci giorni se ne vanno in attesa di individuare un responsabile del procedimento e incominciare la fase istruttoria.
Quest'ultima, se tutto va bene, può durare fino a due mesi. Sennò sono quattro. Senza carte in regola, poi, non si può nemmeno vendere e bisogna correre ai ripari facendo ricorso alla sanatoria. Un'altra pratica, un'altra Italia.
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