Scommesse, il settore sotto tiro non ci sta a perdere

L'ira degli inserzionisti che l'anno scorso hanno investito 75 milioni: si aiuta il gioco illegale

Scommesse, il settore sotto tiro non ci sta a perdere

Milano Anche i pubblicitari insorgono contro il decreto Dignità e, in particolare, si oppongono al suo terzo pilone quello che prevede lo stop alla pubblicità del gioco d'azzardo. La normativa rischia di sottrarre linfa vitale a un settore in profonda trasformazione e già fortemente penalizzato dalla frenata dei consumi seguita alla recessione, senza ottenere il risultato voluto, quello di eliminare la ludopatia, malattia che colpisce 200mila persone. Anzi. La normativa infatti penalizzerebbe prevalentemente le tv generalista, senza colpire il web al di là dei portali dei principali quotidiani favorendo, al contempo, il gioco illegale.

Il decreto, più in dettaglio, prevede il divieto di «qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro comunque effettuata e su qualunque mezzo». La violazione comporta una sanzione pari al 5% del valore della sponsorizzazione e mai inferiore a 50mila euro.

Lo scorso anno gli investimenti pubblicitari nei giochi d'azzardo in Italia sono stati 75 milioni di euro, secondo quanto riferito da Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente dell'Upa (Utenti pubblicità associati) nel corso dell'appuntamento annuale dell'associazione. Risorse che secondo quanto sostenuto da Bianchi «sono finite sostanzialmente sulle reti tv italiane». In questo contesto «tagliare ogni forma di comunicazione», rischia soltanto, per Sassoli de Bianchi, di «favorire il gioco illegale».

Certo, ammette il presidente di Upa, «il tema della pubblicità sul gioco è delicatissimo, riguarda 200mila famiglie, quindi ha senso intervenire sulla ludopatia». Tuttavia, prosegue Sassoli, «non credo che l'intervento sia risolutivo e si potevano trovare forme intermedie meno massimaliste e più razionali per proteggere le persone». Ad esempio, secondo quanto spiega il presidente di Upa, «esiste già un codice di autodisciplina con norme sul gioco molto stringente che protegge alcune fasce, si poteva agire su questo». In ogni caso gli effetti del decreto non si vedranno prima del 2019, sempre che il decreto non sia modificato in sede di conversione in legge.

«Le misure contenute nel decreto Dignità più che un attacco alle imprese non sono in linea con il trend del mercato in generale» ha poi aggiunto Ernesto Mauri, ad di Mondadori, parlando a margine dell'assemblea dell'Upa. «Dobbiamo andare verso qualcosa di più elastico. La rigidità non è compatibile con le esigenze attuali del mercato» ha ribadito l'ad di Mondadori.

Sul tema è intervenuto da Barcellona anche Giovanni Garrisi, ad di Stanleybet preannunciando un'azione legale: «Se le cose non cambiano, valuteremo un'azione contro lo Stato».

Il manager specifica poi: «Non parteciperemo però ad azioni comuni, conosciamo bene la situazione ma siamo in una posizione particolare e non vogliamo condividerla con altri. Sappiamo in ogni caso come muoverci per ottenere il risarcimento».

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