Scoppia la guerra per il Colle E Matteo teme i 101 di Prodi

Dietro le tensioni sul patto del Nazareno il caos sulla successione a Napolitano che vorrebbe lasciare già a gennaio

Scoppia la guerra per il Colle E Matteo teme i 101 di Prodi

La guerra per il Quirinale si è ufficialmente aperta. E gli scricchiolii che in queste ore hanno messo a dura prova il patto del Nazareno ne sono la prova più tangibile. Che Giorgio Napolitano voglia passare la mano al più presto, d'altra parte, non è un segreto per nessuno. Tanto che l'argomento è stato oggetto dell'ultimo faccia a faccia tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. Il capo dello Stato, infatti, avrebbe detto chiaro e tondo al premier che al più tardi a gennaio vorrebbe dimettersi e gradirebbe - per usare un eufemismo - che per allora la nuova legge elettorale abbia il via libera almeno del Senato. Di qui, l'accelerazione del leader del Pd. Che sul Colle gioca probabilmente la sua partita più importante. All'ombra di quello che Renzi vive come il peggiore dei suoi incubi: fare il bis dei 101 che impallinarono Romano Prodi e sancirono l'inizio della fine - politica, s'intende - di Pier Luigi Bersani.

Il leader del Pd, infatti, sa bene che il voto sul Quirinale è il più critico dei passaggi parlamentari con cui avere a che fare. Ancor più di un voto di fiducia sul governo che, dovesse andare male, avrebbe come conseguenza più probabile le elezioni anticipate che sancirebbero - questo dicono i numeri di oggi - un netto successo di Renzi che, anzi, a quel punto avrebbe dalla sua un Parlamento blindato. Diverso, invece, sarebbe uno scivolone sul Colle, dove la fronda interna al Pd - non essendoci la minaccia della fine anticipata della legislatura - sarebbe pronta a scatenarsi e sistemare i conti in sospeso con il rottamatore. Lo scenario, insomma, è quello di un Parlamento che Renzi non controlla e, dunque, è difficilmente pensabile che il premier possa immaginare di trovare un'intesa con Beppe Grillo su un passaggio tanto delicato come la successione a Napolitano.

L'unica via percorribile, invece, pare quella dell'asse con Berlusconi, strada che però riserva alcune incognite. La prima è che a quel punto il nome del nuovo inquilino del Quirinale dovrebbe essere condiviso con il leader di Forza Italia, la seconda è che anche tra gli azzurri - come nel Pd - c'è una corposa fronda pronta a togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Qualche rischio, insomma, ci sarebbe anche nel caso in cui il patto del Nazareno dovesse davvero allargarsi al Colle.

Ecco perché - pur consapevoli dei rischi - dalle parti di Palazzo Chigi non si esclude l'opzione elezioni anticipate, eventualità questa che potrebbe consegnare a Renzi un Parlamento bulgaro. Anche se va detto che per il Pd una cosa sarebbe votare con il Consultellum (il proporzionale attualmente in vigore, scaturito dalla sentenza della Consulta), altra con l'Italicum (il maggioritario alla base del patto del Nazareno). Con la consapevolezza, però, che anche nel caso meno favorevole - il primo - Renzi comunque ridurrebbe la fronda interna portando in Parlamento soprattutto fedelissimi.

Avrebbe, insomma, decisamente un maggior controllo sulle Camere. Ed è questa una delle ragioni per cui Berlusconi teme che dietro l'accelerazione del premier sull'Italicum con il premio alla lista (e non alla coalizione) ci sia la tentazione di andare a votare. Così da resettare il Parlamento e poter gestire in prima persona la successione al Quirinale.

D'altra parte, dopo neanche un anno a Palazzo Chigi, Renzi ha più volte toccato con mano quanto vincolante sia la cosiddetta moral suasion del Colle.

Tanto da imporgli letteralmente il ministro dell'Economia (Gian Carlo Padoan) o, più recentemente, mettere ripetutamente il veto sulla Farnesina per la quale si è poi arrivati al «compromesso» su Paolo Gentiloni. Tutte ragioni per cui il premier - che è giovane e spera di avere davanti una lunga stagione politica - vorrebbe poter aver al Quirinale una persona «fidata».

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