La globalizzazione spaventa, tornano le patrie, si riscoprono le radici, si rivalutano le identità. Questa la teoria, ma la pratica è diversa. In un Paese come l'Italia, celebre nel mondo per la sua storia, la sua cultura e il suo patrimonio artistico, la politica culturale del governo e le sue politiche scolastiche dovrebbero essere al centro dell'attenzione. Invece, niente. Un ministro dei Beni culturali c'è, si chiama Alessandro Bonisoli. Un manager della cultura privata con vocazione grillina. Solo una cosa ha detto con forza, che farà nuove assunzioni. Lo stesso vale per il ministro dell'Istruzione, il leghista Marco Bussetti, la cui attenzione è prevalentemente rivolta ad accontentare insegnati e aspiranti insegnanti. Senza riuscirci. Lo spirito è clientelare, allo studente non pensa nessuno. Unico segno di discontinuità l'intenzione di eliminare il triennio formativo per i docenti. I sindacati ringraziano.
Questo governo è perfettamente in linea con lo spirito iperglobalista che tracima dal web. Quanto di più lontano dal mito dello Stato e dalla retorica identitaria esibita da Lega e Cinquestelle. Bussetti ha deciso di abolire il tema di storia all'esame di maturità e Bonisoli vorrebbe abolire l'insegnamento della storia dell'arte nelle scuola. «Al liceo per me era una pena», ha detto. La possibilità di selezionare gli insegnanti sulla base della loro capacità di appassionare gli studenti non lo sfiora. La storia dell'arte è noiosa, dunque va abolita. Lo Stato italiano taglia così le proprie radici, rinnega la propria identità. Del resto cosa ci si può aspettare da un ministro, Bonisoli, certo che anche il Grande Fratello sia «cultura»? Lo ha detto a Un giorno da pecora. Un'affermazione talmente sconcertante da disorientare anche l'intervistatore più incline allo scherzo. Gli hanno perciò chiesto «quindi tutto è cultura?». «Secondo me, sì», ha risposto lo sventurato. Ma se tutto è cultura, nulla è cultura. Ed è proprio questa cultura del nulla la matrice del governo in carica. Un governo che ha tolto la competenza sul turismo al ministero dei Beni culturali per passarla all'Agricoltura. Un governo che combatte il copyright e l'editoria cartacea per servire gli interessi globali dei giganti del web. Un governo in tutto e per tutto espressione della sottocultura social. Quella che, ignorando il passato, si dispiega in un eterno presente. Quella per cui la qualità non conta, conta solo la quantità.
Approccio confermato da Bonisoli quando prende le distanze dalla letteratura classica ed esalta gli youtuber. E perché li esalta? Perché «vendono centinaia di migliaia di copie in rete». Avanti così lo sostituiranno con Chiara Ferragni.
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