Brunetta: "Io tra risse e battaglie. Quanto è bello vincere da soli contro il mondo"

Sempre polemico, giudicato un rompiscatole, il capogruppo Fi alla Camera: "Non mi piaccio come cattivo"

Brunetta: "Io tra risse e battaglie. Quanto è bello vincere da soli contro il mondo"

Roma - Onorevole Renato Brunetta, cosa le resta di un anno in prima linea nella battaglia per il «No»?

«Una grande nostalgia per l'accozzaglia, per una comunità eterogenea nata in difesa della democrazia. Guardo a questi mesi come a uno dei momenti più belli della mia vita politica. Li paragono solo a un'altra battaglia risalente a 31 anni fa: quella del referendum sulla scala mobile».

Quale parallelismo si può fare tra questi due referendum?

«Hanno salvato l'Italia. Avevamo anche allora tutto il mondo contro e non era certo facile spiegare che bisognava tagliare i salari, ancorché monetari. In quel caso si salvò l'Italia dall'inflazione, oggi da una deriva autoritaria».

Nella battaglia referendaria ha avuto la sensazione di stare rischiando il tutto per tutto?

«Ho rischiato politicamente, ma nell'85 si rischiava molto di più. E ci fu chi ci rimise la pelle come il povero Ezio Tarantelli. Da allora ho dovuto vivere con la scorta».

Ha mai avuto paura di perdere?

«Ricordo i caffè alla bouvette con Alfredo D'Attorre nel febbraio scorso. C'era aria di plebiscito, Renzi era convinto di vincere con il 60%».

Ha mai vacillato?

«Sì e no. Vedevo un potenziale elettorato del 65%. Mi chiedevo: possibile che un'area potenziale così vasta si dimostri minoranza? Dal punto di vista comunicativo è stato difficilissimo, i giornali nel 95% delle copie vendute erano a favore di Renzi, oltre a tutte le tv pubbliche e private e le radio. L'unica antagonista è stata La7, poi a un mese dal voto l'hanno richiamata all'ordine. L'unico spazio libero era il web, decisivo anche per Trump e la Brexit».

Su quanti fondi avete potuto contare?

«Neanche un euro, abbiamo agito a mani nude, mentre sull'altro fronte ho calcolato una spesa di 20-30 milioni».

Qual è stato il fattore decisivo?

«Si è votato con le tasche, gli italiani impoveriti hanno detto no alle balle di Renzi che in questo senso è stato il nostro migliore alleato».

Vuole rendere l'onore delle armi allo sconfitto?

«Non so davvero quali vitamine abbia preso. Vedevo quanto girava e mi stava odioso e antipatico. Detto questo non dimentico la scorrettezza del ragazzo, ha usato tutti i colpi, soprattutto quelli bassi, a partire dalle lettere inviate all'estero in parallelo alle schede del voto».

La campagna referendaria è stata segnata anche dalla polemica per l'account Twitter di sua moglie.

«Quell'episodio è stato il tentativo disperato di colpire con una bufala M5S. Sui singoli comportamenti c'è ancora molto da capire. Detto questo sono da sempre contrario all'anonimato in Rete. Ma se penso a tutti i sondaggi fasulli pubblicati dai giornali in questi mesi, dico viva la Rete e aggiungo che non sono accettabili gli attacchi di queste ore al web che è un luogo di libertà. Inoltre l'Oscar del falso per il 2016 va senz'altro a Renzi e alla scheda del Senato fatta con i trasferelli, completamente inesistente».

Rivediamo alla moviola il 2016. A gennaio Renzi si dice pronto a trarre le conseguenze in caso di vittoria del «No».

«Sapevo che non avrebbe rispettato la promessa, tipico azzardo morale di chi ha sempre promesso tutto a tutti».

A febbraio passa la legge sulle unioni civili.

«Una delle peggiori leggi mai scritte e lo dico io che non sono contrario alle unioni civili».

A marzo il centrodestra si spacca su Roma.

«Una sequenza di errori commessi da tutti. Posso testimoniare la totale buonafede di Berlusconi che voleva Giorgia Meloni fin all'inizio, ma lei disse no. Mi auguro davvero che possa riprovarci e credo che avverrà presto»

Aprile è il mese dell'approvazione del Ddl Boschi.

«Un percorso amaro. La democrazia può essere violentata ma poi ti presenta il conto e Renzi l'ha pagato».

A maggio muore Marco Pannella.

«Con lui avevo un rapporto schietto e conflittuale. L'ultima volta che mi confrontai in radio litigammo, ma fui io ad avere l'ultima parola, forse l'unica volta nella sua storia».

A giugno c'è l'operazione di Berlusconi.

«Mi chiamò il giorno prima e poi due giorni dopo e mi diede suggerimenti per 40 minuti parlandomi di politica estera. Aveva già una impressionante voglia di vivere e di tornare a svolgere il suo ruolo. Mi commosse profondamente».

A luglio arriva l'incarico di risanatore per Parisi.

«Non credo nei cavalieri bianchi e nelle etero-direzioni per i partiti. È stato coccolato dai giornali perché parlava male di Fi, un po' come l'Effetto Fini».

Ad agosto le nomine Rai di Renzi.

«Lì ho davvero avuto paura di una deriva autoritaria, anche di fronte al silenzio e all'opportunismo di troppi».

A settembre e ottobre arriva l'endorsement dell'ambasciatore Usa per il «Sì» e la visita di Renzi da Obama.

«A quel punto si era già capito quale vento tirava nel Paese».

Infine il voto. Come l'ha vissuto?

«Fino all'ultimo minuto non riuscivo a smettere di fare campagna elettorale. Il giorno prima ero a Venezia al matrimonio di mia nipote che lavora all'università di Francoforte. Ho fatto prima un sondaggio al mio tavolo, poi l'ho ripetuto tavolo per tavolo. Un chiodo fisso».

Il personaggio del polemista, del rompiscatole le sta stretto? Cosa pensa quando si rivede?

«Non mi rivedo, non mi piaccio. Quando vado in giro però sento che la gente capisce che sono trasparente e dico le cose che penso con competenza. Anche oggi al supermercato ho avuto un attestato di questo».

Non ha paura di farsi terra bruciata tra i conduttori?

«Se devo dire alla Gruber, a Vespa o una giovane conduttrice di Sky che mi mancano di rispetto, glielo dico. E se non mi invitano più francamente me ne infischio, non sanno quello che si perdono».

Quindi nessun rimorso?

«Zero. Anzi sì un rimpianto, mi sarebbe piaciuto fare confronti con Renzi e con la Boschi se tutti e due non avessero tagliato la corda».

Le dà fastidio che la sua personalità sia messa spesso in relazione alle sue umili origini?

«La povertà mi ha dato forza e grinta. Da figlio di papà avrei fatto molta meno strada. Da ragazzo non possedevo neppure un libro, oggi circa 50mila».

Deve

dire grazie a qualcuno?

«A una supplente di filosofia. Mi convocò e mi disse: Lei Brunetta non è come gli altri. Ha una testa diversa. E mi convinse a fare gli esami di ammissione per il classico. Le devo tutto».

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