La sfida di Obama sull'Iran. Scommessa a rischio flop

A un bivio le trattative incominciate dieci anni fa: si rischia una crisi con conseguenze imprevedibili

La sfida di Obama sull'Iran. Scommessa a rischio flop

Stasera a mezzanotte scade il termine che il cosiddetto gruppo 5+1 e l'Iran si erano dati per chiudere definitivamente i negoziati per il blocco dell'atomica di Teheran, dopo l'accordo preliminare raggiunto tre mesi fa a Losanna. Ma, come allora fu necessario prolungare i colloqui di 48 ore, in una atmosfera crescente di dramma, per evitare la rottura, anche stavolta le trattative, condotte a livello di ministri degli Esteri in un castello di Vienna, non si concluderanno nei tempi fissati: il portavoce della casa Bianca ha confermato che andranno avanti moltom probabilmente anche dopo il 30 giugno. Le questioni rimaste aperte in Svizzera (e quelle che si sono aggiunte negli ultimi tre mesi per «differenze di interpretazione») sono infatti talmente numerose e complesse, che non solo difficilmente potranno essere risolte nelle prossime 24 ore, ma potrebbero perfino far saltare ancora tutto, riportando un negoziato iniziato dieci anni fa alla casella zero e aprendo in Medio Oriente una nuova crisi dalle conseguenze imprevedibili.

Per fortuna, entrambe le parti hanno interesse a che ciò non avvenga. Da una parte, c'è Obama che vuole fare un accordo per fermare - sia pure solo per dieci anni - la corsa degli ayatollah verso l'arma nucleare, il fiore all'occhiello di una politica estera largamente fallimentare. Per concluderlo, deve superare sia la contrarietà degli alleati Israele e Arabia Saudita (nemici sulla carta, ma uniti per l'occasione da un comune interesse) sia la profonda diffidenza di un Congresso a maggioranza repubblicana che è riuscito a imporgli un rigoroso scrutinio sull'intesa eventualmente raggiunta. Ciò nondimeno, egli ha dato ordine al suo Segretario di Stato Kerry di fare l'impossibile per smussare gli angoli e, con qualche riserva da parte della Francia che vorrebbe condizioni più rigorose, ha il sostegno degli altri membri del Consiglio di Sicurezza (più la Germania). Inoltre, anche se non c'è alcun collegamento formale tra i due dossier, Washington spera che in caso di accordo diventi più facile la collaborazione, oggi sottotraccia, con l'Iran e i suoi alleati sciiti contro il Califfato

Dall'altra parte, c'è il regime teocratico di Teheran, che ha un bisogno disperato di liberarsi delle sanzioni dell'Onu, che hanno ridotto le sue esportazioni di petrolio, reso ardue le transazioni finanziarie e posto severi limiti ai suoi commerci. Benché il governo sia riuscito, con i soliti espedienti, a eluderle in parte, esse hanno provocato inflazione, recessione e un crescente malcontento nella popolazione. Ma l'ayatollah Khamenei, cui spetta la decisione finale anche a costo di scavalcare l'operato dei moderati cui è affidata la trattativa - il presidente Rouhani e il ministro degli Esteri Zarif - deve anche salvare la faccia e perciò continua a mettere nuovi paletti. Per giunta, l'Aiea ha accertato che, contrariamente agli impegni presi, l'Iran ha aumentato nell'ultimo anno le sue riserve di uranio arricchito, necessario a fabbricare la bomba, di un buon 20%.

Nonostante gli accordi-quadro di Losanna, pieni di ambiguità e di lacune, il contenzioso comprende alcuni temi cruciali: 1) L'Iran pretende che le sanzioni siano abrogate nel giro di poche settimane dalla firma dell'accordo; i 5+1 sostengono invece che potranno essere tolte solo gradualmente, a mano a mano che Teheran ridurrà il numero delle centrifughe dalle attuali diecimila alle 5.600 consentite, metterà sotto sorveglianza l'uranio arricchito in suo possesso, neutralizzerà il nuovo reattore ad acqua pesante di Arak e fornirà agli ispettori tutto il materiale richiesto. 2) Gli alleati hanno posto come conditio sine qua non che l'Aiea sia libera di visitare tutti i siti in cui si svolge attività nucleare, compresi quelli tenuti a lungo segreti e in cui, secondo i servizi e le rivelazioni di uno scienziato iraniano disertore, sono in corso attività clandestine; Khamenei ha ribadito invece martedì scorso che le installazioni militari rimarranno off-limits per gli stranieri, e certi suoi discorsi inducono a dubitare che l'impegno dell'Iran ad aprirsi davvero alle ispezioni sia sincero. 3) L'obbiettivo fissato a Losanna di limitare le attività nucleari di Teheran in modo che, fino al 2025 le sia, in caso di rottura degli accordi, necessario almeno un anno per costruire una bomba (rispetto agli attuali due-tre mesi) è lungi dall'essere raggiunto, e il diavolo sta, come al solito, nei dettagli.

Comunque vadano le cose, siamo al va o la spacca.

Se non ci sarà accordo, o questo non verrà giudicato soddisfacente dai critici di entrambe le parti, i rapporti sia dell'Occidente, sia del mondo sunnita, sia di Israele con l'Iran subiranno un drammatico e immediato peggioramento.

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