La vecchia dirigenza leghista, spazzata via dalle inchieste e dal conseguente repulisti ai vertici del Carroccio, assapora la vendetta assistendo alle traversie giudiziarie di Salvini. Il sequestro dei conti correnti della Lega nasce proprio dalla gestione dell'ex tesoriere dell'ultima stagione bossiana, Francesco Belsito, dal 2009 al 2012 grande custode delle casse leghiste allora strapiene di denaro e proprietà immobiliari. Belsito è stato condannato a 4 anni e dieci mesi per truffa in relazione ai rimborsi elettorali incamerati dalla Lega, stessa condanna subita da Umberto Bossi (2 anni e mezzo). La confisca dei conti della Lega di Salvini nasce da lì, a quasi dieci anni di distanza dalle malversazioni.
La tesi di Belsito, e anche di Bossi, è sempre stata: quando abbiamo lasciato la guida del partito i soldi c'erano, se poi sono spariti chiedete a chi è arrivato dopo di noi. Un modo per accusare, senza farlo direttamente, Salvini e il suo predecessore alla segreteria federale Roberto Maroni. Intervistato dal Fatto, l'ex tesoriere leghista (oggi socio di un bar gelateria a Genova dopo un tentativo andato male di rientrare in politica col rifondato Movimento Sociale Italiano) rilancia il siluro in direzione di Salvini, insinuando tra le righe che il capo leghista non può non sapere cosa sia successo alle finanze del partito, avendo avuto le chiavi della Lega e della sua cassa dal 2013 in avanti. «Quando me ne sono andato dalla Lega ho lasciato quaranta milioni di euro a saldo contabile. Soldi ce n'erano». E quindi, i milioni di euro di cui è a caccia la Procura di Genova, dove sarebbero finiti? «Penso che siano stati spesi. Come, non lo so. Sono pronto ad un confronto diretto con Matteo Salvini, io vinco, non ho nessun problema. Però bisogno dire le cose reali, come stanno». Insomma, dice l'ex tesoriere, i milioni li ha spesi Salvini che ora fa la vittima: «Se io le rubo il portafoglio adesso, lei non mi denuncia tra 7 anni, ma subito. Non è vero e non è corretto che nessuno era a conoscenza di nulla» dice l'ex tesoriere ad Agorà.
Il leader della Lega non replica alle affermazioni, non nuove, di Belsito. Lo fa Roberto Maroni, chiamato direttamente in causa come capo della Lega nella fase post-Bossi. «Questa storia dei 49 milioni, per una presunta distrazione di fondi di 800mila euro è una cosa che non si è mai vista - spiega Maroni a Stasera Italia su Rete4 - Non è accettabile che la Lega chiuda per il sequestro cautelare di 49 milioni. Non sarebbe democrazia».
Anche Umberto Bossi evita di mettere bocca sulla vicenda, essendone stato protagonista con la sua famiglia. Ma la linea difensiva del Senatùr, che nelle prossime settimane attende la sentenza di appello, è stata la medesima di Belsito. «Colpa mia? Non è vero, quando ero io alla guida della Lega i soldi c'erano. Guardate i bilanci, lì c'è tutto in chiaro» ha spiegato Bossi, nel tentativo di salvare dalle ganasce un quinto della pensione da europarlamentare, i terreni e la casa di Gemonio. Altri ex guardano da fuori le traversie di Salvini.
Alcuni di loro sono transitati nel movimento «Grande Nord», come Angelo Alessandri, ex presidente federale della Lega, che sui social sfotte Salvini chiamandolo Batman (Robin è Di Maio): «La sceneggiata di Batman contro i magistrati l'avete vista tutta? Sì? Bene, eravate su scherzi a parte .... oh my god!».
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