Professor Ricolfi, anche lei vive da mesi in trepidante attesa di capire cosa farà Pisapia?
«Non ci dormo la notte. Certe volte mi appare in sogno, in vestaglia di seta, e mi rivela che cos'è veramente la sinistra. Altre volte mi sveglio in un bagno di sudore: lui e D'Alema si sono accoltellati, c'è sangue dappertutto, e pure io non mi sento molto bene».
Una volta scissa dal Pd sembrava che la sinistra si sarebbe unita, invece siamo già alla sottoscissione. C'è un virus scissionista nella sinistra italiana?
«Sì, c'è un virus che risale al 1921, quando nacque il Partito comunista da una costola del Partito socialista. Nessuna sinistra in Occidente ha subito tante scissioni e rimescolamenti. E tuttavia bisogna riconoscere che negli ultimi 20 anni la tendenza a frazionarsi non è una peculiarità della sinistra italiana, che mi sembra anzi una delle più compatte e coese: pensiamo a quel che è successo in Germania, con Lafontaine e la nascita della Linke, o in Francia, con Mélenchon e la galassia di partiti e partitini a sinistra dei socialisti. Per non parlare della Spagna e della Grecia dove due partiti populisti di sinistra, Podemos e Syriza, competono con successo con i partiti socialisti. Insomma, io ribalterei il discorso: grazie a Renzi e al Pd, in Italia la sinistra è compatta come non lo è mai stata.
A suo avviso c'è spazio politico a sinistra del Pd? Quanto vale secondo lei?
«Secondo me lo spazio è minimo, altro che forza politica a due cifre (come ha detto Speranza). Ma la ragione per cui è minimo non è che l'elettorato la pensi come Renzi e non come Bersani. La ragione è che l'elettorato di sinistra è affetto da gregarismo, seguono il partito più grande e il suo capo a prescindere. Penseremo mica che nel giro di un anno milioni di persone che osannavano Bersani abbiano veramente cambiato idea, e che sia per questo che ora seguono Renzi? La cosa paradossale è che, sul piano delle idee, il popolo di sinistra è più vicino a Bersani che a Renzi, ma non osa fare il passo di tradire il partitone».
Lo spazio a sinistra del Pd non è troppo affollato da aspiranti leader?
«In realtà, il problema della galassia anti-renziana non è l'eccesso di leader, ma la loro mancanza. Speranza non ha la stoffa, D'Alema non ha l'età. Di Pisapia il tacere è bello».
Una volta c'era il nemico comune Berlusconi a unire le varie anime della sinistra, poi è arrivato Renzi. Ma neppure il collante dell'antirenzismo sembra bastare.
«Essere contro qualcuno può bastare se questo qualcuno è il nemico, Berlusconi o Grillo che sia. Ma se questo qualcuno, come Renzi, non è il nemico ma è solo un compagno che sbaglia, il collante non funziona più».
Nel suo ultimo libro lei indaga la separazione storica della sinistra dal popolo. È colpa di Renzi che ha spostato il Pd a destra, come sostiene la sinistra antirenziana, o il problema è più profondo?
«Non è Renzi che ha spostato il Pd a destra, sono stati D'Alema, Bersani, Prodi, Letta a modernizzare la sinistra, aderendo entusiasticamente al modello della Terza via. Ve lo ricordate l'Ulivo mondiale, con Tony Blair, Gerhard Schröder, Bill Clinton superstar. Era il 1998, se ricordo bene, quasi 20 anni fa. Renzi ha solo completato l'opera, ma sfortunatamente l'ha fatto giusto nel momento in cui ci si stava accorgendo che la Terza via non funzionava più, come del resto ha onestamente riconosciuto il suo teorico, il sociologo britannico Anthony Giddens».
E invece a sinistra rimpiangono l'Ulivo.
«Il problema della sinistra è che non comprende la sua storia. Renzi sembra non aver capito che, a causa della globalizzazione, la Terza via è fallita.
Bersani e compagni non hanno capito che non si può correggere la rotta semplicemente tornando a quel che c'era prima. Tantomeno se a guidare il ritorno alle origini sono i medesimi che, negli ultimi vent'anni, si sono spesi per reciderle, quelle origini di cui ora sentono la nostalgia».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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