Di essere un tipo combattivo Emilio Sirianni lo aveva dimostrato già una dozzina d'anni fa, quando era sceso in campo nel bailamme scatenato dall'indagine Poseidone del suo collega Luigi de Magistris, oggi sindaco di Napoli, allora pm a Catanzaro, che aveva indagato con grande fragore mediatico una sfilza di politici, con in testa il deputato di Forza Italia Giancarlo Pittelli e il segretario dell'Udc Lorenzo Cesa, nonché il generale della Finanza Walter Cretella. Le plateali violazioni del segreto investigativo avevano portato i capi a togliere l'indagine a de Magistris: poco dopo si scoprì che le accuse non stavano né in cielo né in terra, e i big vennero archiviati.
Ma Sirianni invece che prendersela con il castello di carte del collega si indignava con le reazioni dei politici: «Un sostituto procuratore conduce un'indagine complessa, nella quale sono coinvolti politici di primissimo piano e lo sviluppo di tale indagine è puntellato da dichiarazioni di fuoco di indagati ed esponenti dei partiti politici di appartenenza, oltre che da due interrogazioni parlamentari». E concludeva chiedendo un intervento urgente del Csm.
Quando a finire nei guai è stato il suo amico Mimmo Lucano, il giudice Sirianni ha scoperto però i pregi del garantismo. E si è schierato in campo aperto a difesa dell'innocenza del sindaco di Riace. Anche qua, a ben guardare, ci sarebbero stati dei magistrati da difendere: i pm della Procura di Locri, che per avere messo sotto inchiesta una icona dell'accoglienza come il sindaco di Riace sono stati vilipesi in ogni modo, accusati di essere una sorta di braccio armato di Matteo Salvini. Invece Sirianni - che nel frattempo da semplice giudice del lavoro a Cosenza è stato promosso in Corte d'appello a Catanzaro - si trasforma in paladino dell'eroe ingiustamente accusato. Al punto di apparire affianco a Lucano il 7 agosto 2018 in conferenza stampa.
Sirianni, con addosso una informale polo color lavanda, alle spalle la bandiera della pace, non si limita a difendere Lucano, ma si lancia nel panegirico di una parte sola della magistratura: la sua, quella targata Md. «È quella magistratura che non piaceva a Berlusconi e a Renzi cosi come non piace oggi a Salvini e al ministro Bonafede. È quella magistratura che porta il nome di Magistratura democratica». Solo Md, spiega quel giorno Sirianni, è consapevole della piena innocenza di Lucano: perché è la magistratura «che ha sempre avuto in testa qual è la gerarchia delle fonti, dove prima stanno le parole e i valori scritti nella Costituzione e nella carta europea dei diritti umani, e molto più in fondo quelle di qualche regolamento ministeriale.
Se si ha ben chiaro il senso e il valore costituzionale della solidarietà non si possono avere dubbi su quale è il lato su cui collocarsi».Nel frattempo, le accuse contro Lucano sono state ritenute fondate dal tribunale del Riesame, dalla Cassazione (tranne una) e dal giudice preliminare che ha rinviato a giudizio l'ex sindaco. Forse non erano di Md.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.