Costretti in un limbo tra la vita e la morte. Inutili, senza i legittimi proprietari. Ma impossibilitati a seguirli nell'aldilà. I social network negli ultimi anni si sono organizzati per gestire gli account degli utenti defunti. Ma il vuoto normativo apre la strada ai contenziosi. Come quello che si è appena chiuso in Germania, dove la corte di Cassazione ha stabilito che i profili social possono essere ereditati proprio come qualunque altro bene appartenente alla persona scomparsa.
La sentenza, che ha ribaltato il pronunciamento di primo grado e ha invece confermato quello in appello, ha dato ragione ai genitori di una 15enne morta nel 2012 nell'impatto con un treno. Da anni i coniugi chiedevano di avere accesso al profilo Facebook della figlia e ai suoi messaggi privati, per capire se si fosse trattato di suicidio o meno (e, quindi, se il capotreno avesse diritto a un risarcimento). «È normale che diari personali e lettere passino agli eredi - ha sostenuto il giudice Ulrich Hermann -. Non c'è motivo per trattare diversamente i contenuti digitali». Niente hanno potuto le rimostranze della piattaforma, che si era opposta alla richiesta di fornire ai genitori le password dell'account della ragazza per tutelarne la privacy.
Sul fatto che i social network debbano fare i conti sulla morte dei titolari dei profili, non c'è dubbio. Anche perché, secondo uno studio dell'università del Massachusetts, nel 2098 il numero dei profili Facebook dei defunti supererà quello dei vivi (altri parlano già del 2060: dipende da che velocità manterrà la crescita degli utenti). Nei primi 8 anni dalla nascita della creatura di Mark Zuckerberg, giusto per avere un'idea, sono deceduti già 30 milioni di iscritti (su un totale odierno di 2,2 miliardi). Menlo Park, comunque, è stato uno dei primi ad attrezzarsi in questo senso: dal 2015 ognuno può nominare un «contatto erede», cioè la persona che dovrà gestire il profilo dell'utente in caso di morte di questo e che potrà compiere solo azioni basilari come cambiare l'immagine profilo e accettare nuove amicizie. Altrimenti sono i parenti o gli amici del defunto a contattare Facebook e a decidere se chiudere il profilo o trasformarlo in un «account commemorativo», in cui gli altri possono continuare a lasciare messaggi per la persona scomparsa. Simili le possibilità offerte da Instagram e Twitter.
Ma quello di preparare alla dipartita anche la propria esistenza digitale è diventato un vero e proprio impegno, e di conseguenza un business. «Back Up Your Life», ad esempio, raccoglie tutto il materiale online prodotto dal cliente, con tanto di chiavi di accesso ai vari account, in modo da poter lasciare tutto in eredità ai familiari, come in una sorta di «testamento digitale».
Va oltre, invece, la startup «Eternime»: mettendo insieme tutto ciò che una persona ha postato sui social media nel corso della sua vita - pensieri, immagini, video - ne crea un avatar che possa continuare a vivere anche dopo la sua morte. Almeno sulla rete.
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