«Per l'Italia è meglio tornare a votare». L'affermazione potrebbe non stupire i lettori e non è una sensazione ma una rilevazione statistica. È la prima volta che Tecnè, società di rivelazioni demoscopiche e scenari economici, in una serie di interviste del 24 e 25 luglio scorsi, ha conteggiato il 40,5 per cento degli italiani favorevole a tornare ai seggi. Il sorpasso è importante, perché solo il 56% dei leghisti sostiene che il governo gialloverde debba andare avanti. In più, c'è quel 21,1 di ogni colore che «non sa» e non è facile ipotizzare che si iscriva nel club dei duri e puri difensori del governo.
La voglia di votare, consistente tra i Cinquestelle, è esplosa tra gli elettori della Lega. Accanto al 40,5% dei fan del voto, solo il 38,4 del totale di tutti i partiti insiste nel dire che è meglio che il governo vada avanti. E fa impressione quel che accade all'interno della maggioranza di governo: ad aprile l'89 per cento dei 5 stelle voleva andare avanti e ora la percentuale è di appena il 74. Ma il vero crollo è nella Lega: l'81 per cento che voleva andare avanti è sceso al 56. Se tra i leghisti ad aprile voleva votare il 16%, a giugno la percentuale è salita al 21 e a luglio è al 39%.
Naturalmente preferiscono andare a votare gli elettori d'opposizione, inclusi quelli di Forza Italia (78%), che sperano nella rinascita del centrodestra. Il record appartiene al Pd (87), ma anche il partito di Giorgia Meloni (FdI) non scherza, con il suo 80%. E qui la smania sovranista gioca la sua parte.
Carlo Buttaroni, presidente di Tecné-Italia, è convinto che siano le tensioni interne alla maggioranza ad aver portato a questo risultato. «Moscopoli non ha influito affatto - la sua tesi - Il punto è che l'Italia ha le ferite della crisi, c'è voglia di ripartire e questi litigi vengono visti come elementi che frenano la ripresa. Alla gente interessa lo stipendio a fine mese».
I litigi continui non danno certo l'idea di una maggioranza coesa in grado di esprimersi sui temi economici. «Ci si aspettava che dopo le Europee, caratterizzate da altissima tensione, si recuperasse equilibrio, e ciò non è avvenuto. Salvini ha cambiato l'agenda, spostando l'attenzione dalle sole migrazioni alle priorità economiche e assumendo l'atteggiamento da premier, entrando in competizione con 5 stelle e Conte. Questo paga elettoralmente ma causa liti e fa desiderare il voto».
Paradossalmente, come dimostrano le intenzioni elettorali, nonostante gli scandali, la Lega è l'unico partito in crescita, dal 37% del 18 luglio al 38,1% del 25 luglio. Ma gli elettori non chiedono mai il conto? «È quel che accadde un anno fa ai 5 stelle con lo scandalo dello stadio di Roma. Nonostante tutto, crescevano nei consensi, perché l'attenzione era concentrata sul messaggio politico del reddito di cittadinanza. Ora la Lega è in crescita per l'incontro con i sindacati e le parti sociali, per l'attesa della riforma fiscale. Probabilmente ha preso il punto che ha perso il Pd. In più ha guadagnato perché Conte si è schierato apertamente per la Tav e questo ha fatto crescere i consensi di Salvini».
Perché secondo la rilevazione Tecnè, il 60,1% degli intervistati è favorevole alla Tav Torino- Lione. «Ma gli elettori - conclude Buttaroni - non concedono fiducia in eterno, prima o poi chiedono i risultati: l'hanno dimostrato con Renzi e con i 5 stelle».
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