Lo spartito dei simboli. Ecco come bisogna usarli

Lo spartito dei simboli. Ecco come bisogna usarli

Eccoli, i signori della punteggiatura, i personaggi che definiscono pause e ritmi della scrittura.

Il punto. È il monarca dei segni e sancisce che un concetto è stato espresso in modo compiuto e che un'altra informazione sta per arrivare. Il punto delimita un pensiero e prepara a qualcosa di diverso.

La virgola divide più debolmente; per anni l'hanno definita la «pausa breve», ma con le pause c'entra poco. È spesso obbligatoria quando deve disambiguare («Franco, prepara un tè») o chiudere un inciso o in una relativa appositiva («Gli alunni, che hanno gozzovigliato, non andranno in gita». Se invece volessi una relativa limitativa le virgole non ci vanno (per nessun motivo!). La virgola, poi, mette ordine negli elenchi, crea incisi al pari dei trattini e delle parentesi. Poi ci sono le virgole più controverse: quelle davanti a se e ma. La scelta giusta dipende dal contesto. Non bisogna farsi irretire da stupide regolette.

Il punto e virgola si usa sempre meno, ed un guaio perché fa benissimo anzi in modo insostituibile due cose: ci permette di gestire elenchi complessi ; ci permette di tenere due frasi indipendenti nella stessa preposizione. Con un punto e virgola possiamo costruire scene, cambiare soggetto, mostrare in parallelo più cose. Leggete Gadda, Proust, Pavese: con loro il punto e virgola va a nozze.

I due punti? Altro segno in dismissione.

Guardate quelli che ho usato finora, se avete dubbi sulla sua necessità.

Rimangono i segni espressivi: punto interrogativo, punto esclamativo, puntini di sospensione (sempre tre, mi raccomando). E poi c'è lui, il segno mai nominato, lo spazio.

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