Spianata chiusa, l'ira araba A Gerusalemme tre morti

Scontri per i metal detector alla moschea di Al Aqsa In serata un palestinese accoltella tre coloni: ucciso

Fiamma Nirenstein

Gerusalemme Ce l'hanno fatta quelli che da anni cercano di rendere il Monte del Tempio, ovvero della Spianata delle Moschee, non un luogo di fede condivisa, ma un focolaio di odio religioso continuo contro gli ebrei nel cuore di Gerusalemme. Ieri gli scontri fra la polizia israeliana e i dimostranti palestinesi in Città Vecchia e intorno alle porte della Spianata ma anche in molte altre aree abitate da arabi israeliani sia a Gerusalemme sia in decine di località dell'West Bank, hanno portato almeno a tre morti, fra cui uno di 17 anni, e a decine di feriti. Migliaia di musulmani sono in strada anche a Ramallah, Hevron, Betlemme. L'eco dello scontro sta raggiungendo tutto il mondo arabo col titolo degli estremisti islamici: «La Moschea di Al Aqsa è in pericolo». È la vecchia invenzione propagandistica di Arafat, che ha il pregio di mettere i palestinesi in rapporto diretto con il grande falò islamista. Tanto che ieri sera un palestinese ha ucciso due donne anziane e un uomo in una colonia prima di essere ucciso a sua volta.

La vicenda comincia il 14 luglio, quando tre terroristi palestinesi, tutti detentori della carta blu che permette libero accesso in Israele, penetrano nella mosche nascondendo armi automatiche in una sacca e uccidono due guardie israeliane e ne feriscono una. Questa violazione di ogni norma che definisce la santità di un luogo che dovrebbe essere dedicato alla preghiera e che suscita persino la condanna di Abu Mazen, di fatto viene subito salutato dal mondo arabo come un gesto eroico. Intanto Israele che sin dal 1967 ha affidato la gestione della spianata all'Waqf, l'organizzazione che controlla i luoghi santi islamici, governata da giordani e palestinesi, si domanda come garantire l'ordine. La risposta è quella che persino i sauditi, con 5mila macchine da presa, hanno dato per i loro luoghi santi alla Mecca: controllo. E vengono poste davanti alle entrate della spianata i metal detector destinati a suscitare la furia del mondo islamico. Netanyahu ha un bel ripetere che come è stato fatto sin dal '67 non verrà toccato lo status quo, e che la misura è momentanea. Dalla Lega Araba, fino agli stessi giordani che come al solito sono terrorizzati dalla reazione salafita, e i membri arabi del parlamento insieme al grande Mufti della Moschea, per non parlare degli appelli di Hamas alla rivolta totale, ognuno lancia inviti a inondare di folla Gerusalemme e andare a pregare alla moschea spezzando la regola del controllo, vista come un altro tentativo di Israele di dominare il terzo luogo santo dell'Islam. La questione è stata rigirata da ogni parte dal governo nelle ore precedenti alla giornata della preghiera dei musulmani. Netanyahu di ritorno da Budapest, è andato direttamente in ufficio dall'aeroporto per il consiglio di sicurezza. Intanto si susseguivano le telefonate dei leader per chiedere di togliere i metal detector: ma si sarebbe trattato sia di una rinuncia evidente a uno dei principi più cari alla politica israeliana, quella della difesa della vita dei cittadini, sia a una evidente violazione di uno status quo per cui la sovranità di Gerusalemme e il dovere di mantenervi l'ordine contro il terrorismo è del governo israeliano. I metal detector sono rimasti, il Mufti ha lanciato il suo appello dicendo che «un miliardo e 700mila musulmani dicono no al controllo». Forse qualsiasi altro stato si sarebbe arreso, Israele che non ha compiuto nessun gesto aggressivo, non ha messo i soldati sulla Spianata, ha cercato di contenere la furia fermando i pullman a Gerusalemme e impedendo ai giovani sotto i 21 anni l'ingresso alla moschea. Adesso, il mondo palestinese è in guerra, accompagnato da dimostrazioni di solidarietà al grido di «redimeremo al Aqsa» in Giordania, in Libano e in altri Paesi arabi, sospinto dalle consuete fiammate di odio contro Israele alimentate dal fuoco religioso. Si tratta di vedere quello che porterà il domani. Abu Mazen è l'ultimo ad avere interesse a scontro religioso che può solo aumentare l'influenza di Hamas.

Israele cercherà di spegnere la furia islamica, il ritorno allo status quo sarà sottolineato da qualche gesto di pacificazione: ma di quale status quo può trattarsi, in realtà, avendo come interlocutore l'universo conquistatore dell'Islam?

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