Inferno sulla A14

Perché non credere sia Dio a guidare chi lavora per il Bene?

Se non intero, un mezzo miracolo. Un morto, uno solo, nello scenario apocalittico di Bologna. E allora l'arcivescovo Matteo Zuppi dà una lettura tridimensionale di quel che è successo

Perché non credere sia Dio a guidare chi lavora per il Bene?

Se non intero, un mezzo miracolo. Un morto, uno solo, nello scenario apocalittico di Bologna. E allora l'arcivescovo Matteo Zuppi dà una lettura tridimensionale di quel che è successo: «Intervento della Provvidenza. Un dono, una protezione». Parole che noi, scossi emotivamente da quel che abbiamo visto, approviamo e condividiamo e che però non fermano il serpentello sgusciante del dubbio: in fondo siamo stati tutti battezzati nell'acqua sconsacrata dell'illuminismo.

Chissà, è il retropensiero: se il caso volge al bene, allora gli mettiamo la maiuscola e gli diamo del tu, altrimenti lo riconsegniamo senza tanti complimenti al mistero e alle sue contorsioni. Forse, per capire senza farsi avvolgere dalle spire della superstizione, occorre soffermarsi sul passaggio successivo: «La Provvidenza ha agito in appoggio ai soccorritori». Ecco, Dio guida la mano degli uomini che fanno il bene, in questo caso di poliziotti e carabinieri che hanno interpretato il loro lavoro come una missione eroica e hanno rischiato la vita per mettere in salvo chi si trovava nei pressi del ponte maledetto.

Dio prende sempre l'iniziativa: è una storia antichissima, una trama di preferenza che comincia con Israele nell'Antico Testamento e si apre universalmente con i Vangeli. I miracoli non sono mai giochi di prestigio ma esprimono la compassione profonda di Gesù per chi gli sta intorno tendendo la mano. È la stessa compassione che anima chi supera la propria misura e si mette a servizio del prossimo. La Provvidenza non è un fantasma insondabile e intermittente, ma la mano tesa di Dio che si affida alle mani degli uomini di buona volontà. Alle loro dita miracolose.

Sotto il ponte di Bologna, ma anche dentro la routine e le contraddizioni delle nostre vite.

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