Può essere la soluzione della questione palestinese. O la sua definitiva cancellazione. Ma anche la scintilla di un colossale incendio capace di risvegliare la rivolta a Gaza e in Cisgiordania per poi arroventare Beirut e Amman. Certo è che da qualche mese, stando al sito «Middle East Eye», i palestinesi di Gerusalemme Est, come quelli residenti in Libano e Giordania, si vedono rifiutare i visti per l'Arabia Saudita indispensabili per il pellegrinaggio alla Mecca. Dietro la mossa, stando a fonti giordane e libanesi, vi sarebbe un accordo segreto tra Israele e Arabia Saudita per spingere Amman e Beirut a naturalizzare i 634mila e i circa 500mila rifugiati palestinesi ospitati, rispettivamente, dai due stati arabi. La mossa, potenzialmente rivoluzionaria, metterebbe implicitamente fine a tutte le discussioni sul cosiddetto «diritto al ritorno», una delle questioni che da 70 anni impedisce la conclusione di qualsiasi negoziato di pace tra Israele e l'Olp. Ma le mosse saudite potrebbero avere dimensioni ancor più vaste. L'eliminazione del «diritto al ritorno», considerato «inalienabile» dai palestinesi e inaccettabile da Gerusalemme, diventerebbe il presupposto per l'avvio di quel piano di pace tra Israele e Olp messo a punto dal principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman e Jared Kushner, il genero di Donald Trump.
Per il presidente americano, azzoppato dalle elezioni di medio termine, la conclusione di un accordo di pace miraggio di tanti suoi predecessori, rappresenterebbe la svolta per una nuova candidatura alla Casa Bianca e per un posto nella storia. Ma a dividere sogni e progetti dalla cruda realtà c'è un oceano tempestoso disseminato di scogli insidiosi. Il primo è la carica assolutamente devastante di un piano capace di innescare la rivolta di quelle masse palestinesi che per generazioni si sono tramandate lo status di rifugiati nel nome di un «diritto al ritorno» custodito come un totem irrinunciabile. Per non parlare dell'altrettanto esplosiva contrarietà di Libano e Giordania, pronti a tutto pur di non garantire la cittadinanza ai rifugiati palestinesi. E a rendere la faccenda ancor più scottante s'aggiunge la questione religiosa. Impedendo ai palestinesi il pellegrinaggio alla Mecca che ogni buon musulmano deve, in base al Corano, intraprendere una volta nella vita l'Arabia Saudita, regno Custode dei Luoghi Santi dell'Islam, finisce per violare uno dei pilastri della religione. Una violazione che diventa sacrilega se raccontata come conseguenza di un'intesa con Israele.
Ipotesi non peregrina visto che la Fratellanza Musulmana - a cui fa capo Hamas ed era assai vicino il giornalista saudita Jamal Khashoggi eliminato dal principe saudita Bin Salman - non vede l'ora di isolare Riad. E ad appoggiare la Fratellanza non c'è solo la Turchia, ma anche quel Qatar da cui trasmette Al Jazeera, il più potente e incendiario megafono del Medio Oriente.
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