Bepi Castellaneta
Nel giorno in cui a Taranto, dopo una lunga serie di schermaglie procedurali, si alza il sipario sul processo per il disastro ambientale che sarebbe stato provocato dall'Ilva, e mentre prende corpo la joint-venture Marcegaglia-Arcelor con l'obiettivo di presentare un'offerta, lo Stato italiano finisce sotto accusa a Strasburgo: la Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu) ha infatti deciso di processare Roma per non aver protetto la vita e la salute di 182 tarantini. I quali sarebbero stati esposti agli effetti negativi delle emissioni rilasciate dallo stabilimento siderurgico pugliese, il colosso dell'acciaio divenuto ormai un traballante gigante di carta dopo anni di indagini.
La decisione della Cedu è stata comunicata ieri al governo: al termine di un esame in via preliminare, i giudici hanno ritenuto sufficientemente solide le prove presentate. Risultato: lo Stato è destinato a finire sul banco degli imputati in Europa, un autentico terremoto che rischia di far franare la linea politica intrapresa sulla questione Ilva visto che sotto accusa ci sono i cosiddetti provvedimenti salva Ilva. Vale a dire i decreti emessi per consentire la produzione. La svolta di Strasburgo arriva dopo un ricorso collettivo presentato a febbraio da un gruppo di residenti di Taranto e di paesi vicini, che hanno deciso di rivolgersi all'Europa sostenendo che lo Stato non ha adottato tutte le misure necessarie a proteggere l'ambiente e la loro salute, in particolare alla luce dei risultati del rapporto redatto nel quadro della procedura di sequestro conservativo e dei rapporti Sentieri. In buona sostanza viene contestata la violazione del diritto alla vita e all'integrità psicofisica: una situazione che sarebbe stata provocata anche dalla carenza delle norme necessarie per prevenire e ridurre i danni causati dall'inquinamento. Ma non è tutto. Perché uno dei punti più delicati delle accuse mosse allo Stato riguarda le misure varate dal governo per tutelare la fabbrica dopo l'inchiesta della magistratura. I ricorrenti puntano infatti l'indice contro l'autorizzazione alla continuazione delle attività del polo siderurgico attraverso i decreti salva Ilva: in questo modo sarebbe stato violato il diritto al rispetto della vita privata e familiare. L'anno scorso la Corte dichiarò inammissibile il ricorso di una donna che sosteneva ci fosse un nesso tra la sua malattia e le emissioni dell'Ilva, ma questa volta l'orientamento di Strasburgo è completamente diverso.
Intanto, mentre ci si interroga sulla linea che lo Stato intende seguire per difendersi in Europa, a Taranto la questione Ilva approda in un'aula della Corte d'Assise. Dove si celebra il più grande maxiprocesso mai celebrato in Italia in materia di ambiente. Dopo oltre sei anni di indagini si è aperto infatti ieri il dibattimento denominato ambiente svenduto: 47 imputati (44 persone fisiche tra cui i fratelli Fabio e Nicola Riva, e l'ex governatore Nichi Vendola, ma anche tre società) e mille parti civili. Compresa la Regione Puglia, rappresentata in aula dal presidente della giunta Michele Emiliano.
Il quale, nel corso di una pausa va giù pesante contro il governo e chiama in causa proprio i provvedimenti firmati da Roma a sostegno della fabbrica: Com'è possibile si chiede - che un impianto continui a funzionare nonostante la magistratura accusi i precedenti gestori di reati così gravi?».E in serata, alcune fonti hanno riferito che il gruppo Marcegaglia e quello Arcelor-Mittal hanno comunicato ufficialmente la volontà di presentare un'offerta insieme per l'acquisizione dell'Ilva.
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