"Una stretta ai confini non è la fine del mondo"

Il demografo Corrado Bonifazi: "L'emergenza c'è, ma i controlli non limitano le libertà"

"Una stretta ai confini non è la fine del mondo"

Ripristinare i controlli alle frontiere non è la fine dell'Europa. Corrado Bonifazi, demografo, si occupa di temi legati alle migrazioni per l'Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

La decisione di sorvegliare le frontiere presa da Stoccolma e Copenaghen è un segnale di fallimento per l'Europa?
«Non credo che questa decisione segni la fine della libera circolazione e quindi un fallimento. Gli accordi di Schengen prevedono la possibilità di sospensioni temporanee per motivi eccezionali. Dunque Schengen non è cancellata. La libera circolazione rappresenta la più importante conquista nel processo di costruzione europeo. Una conquista della quale fu promotore soprattutto il nostro Paese e alla quale non possiamo rinunciare».

Ma il fatto che si torni a chiedere i documenti di identità per entrare in Svezia a chi arriva dalla Danimarca non lascia indifferenti.
«Certo il valore simbolico di questa azione è innegabile ma non mi pare sia in discussione la libera circolazione. Si tratta di affrontare un momento molto complesso che però dovrà essere superato. La decisione è temporanea e occorre riconoscere che la Svezia ha fatto la sua parte accogliendo 150.000 migranti con una popolazione che non supera i 10 milioni».

La chiusura è temporanea ma l'emergenza immigrazione si trascina da tempo.
«Gli arrivi in massa non avrebbero dovuto sorprenderci. Sono quasi venti anni che ogni anno il numero migranti cresce e non poteva che aumentare con la crisi della Siria e i conflitti in Iraq ed in Africa. Situazioni alle quali la comunità internazionale non sa dare risposte».

Perché per l'Europa è così difficile elaborare una politica comune sui flussi migratori?
«Tutti i paesi sono restii a cedere sovranità su questi temi. Sulle politiche migratorie si giocano le elezioni, si vincono o si perdono».

Qualcuno ipotizza che l'Italia potrebbe chiudere il confine con la Slovenia ripristinando i controlli della polizia.
«Se si tratta di controlli questi non impediscono la libera circolazione e in uno scenario di allarme per il rischio terrorismo sono ragionevoli. Certamente alzare i muri non serve come la storia ci ha dimostrato in tante occasioni. Anzi la situazione potrebbe peggiorare».

Perché?
«Maggiori controlli non fermano le organizzazioni criminali che anzi aumentano la speculazione sul traffico di migranti alzando i prezzi. Più diventa difficile passare più i criminali ci guadagnano. E certamente chiudendo le rotte di terra si incrementa il rischio che aumenti il flusso in arrivo dal mare».

Quale soluzione è percorribile?
«I migranti devono poter tornare a casa. È questa l'unica soluzione. Una volta risolta la crisi i siriani torneranno nella loro terra. Fuggono dalla guerra e dalla violenza ma vogliono tornare a casa».

Sono stati commessi degli errori nella gestione della crisi?


«L'Europa ha sbagliato a pensare che dopo la chiusura di Mare Nostrum bastasse Frontex a fronteggiare l'emergenza. Quello che serve è una politica comune anche sugli arrivi, le procedure pratiche ed i criteri di ripartizione».

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