Il Sud taglia per finta: i dirigenti diminuiscono ma la spesa aumenta

Ai manager regionali anche i bonus che sarebbero spettati ai colleghi già in pensione

Il  Sud taglia per finta: i dirigenti diminuiscono ma la spesa aumenta

La spending review funziona a corrente alternata, soprattutto nelle Regioni. A certificarlo è la Corte dei conti nella relazione sulla spesa degli enti territoriali nel 2015. L'aggregato riguarda circa 507mila dipendenti tra segretari comunali/provinciali, direttori generali e impiegati. La spesa totale del comparto è ammontata a circa 14,2 miliardi di euro (2,7 per le Regioni, 1,3 per Province e Città metropolitane e 10,2 per i Comuni).

Ed è proprio nelle Regioni che si registrano le maggiori discrasie. Basta guardare ai dati sulle retribuzioni dei dirigenti. Pur essendosi ridotto il numero nel triennio 2013-2015 (da 4.918 a 4.562 unità), le retribuzioni medie sono aumentate passando da 89.748 a 93.253 euro (+7,44%). Secondo l'analisi dei magistrati contabili, la colpa è da ricercare nella «reiterata prassi di ripartire le risorse del trattamento accessorio tra i dirigenti rimasti in servizio». Insomma, chi resta al vertice delle singole organizzazioni finisce col ricevere anche i bonus di chi non c'è più. Dunque, gli effetti della revisione della spesa (l'incidenza di questo capitolo nel triennio è diminuita del 3,9% a 425,5 milioni) osservati con la lente d'ingrandimento fanno emergere come ci sia ancora margine per un taglio netto.

Soprattutto perché in un periodo di austerity la dirigenza pubblica nelle Regioni è riuscita a bypassare le norme che stabilivano (solo sulla carta, purtroppo) l'invarianza delle retribuzioni. Fu il governo Berlusconi nel 2009 a varare queste misure di contenimento della spesa obbligando gli enti locali a commisurare l'entità dei fondi dedicati ai trattamenti accessori all'organico della dirigenza. I governi successivi le hanno sempre confermate, ma la vera preoccupazione riguarda il 2017. La legge di Bilancio in vigore, pur prevedendo un altro taglio degli stanziamenti, ha eliminato il vincolo relativo agli organici.

È chiaro che per i «furbetti dell'indennità» questo potrebbe essere un invito a nozze. Soprattutto se si considera che il fenomeno ha una forte connotazione locale. Sono le Regioni del Sud, in particolare, ad avere aumentato la spesa pro capite per le retribuzioni dei dirigenti. Nei tre anni di riferimento i costi al Nord sono rimasti stabili (+0,06%), sono calati al Centro (-3,1%) mentre al Sud sono considerevolmente aumentati (+6,7%). La classifica degli incrementi, infatti, è guidata dal 17,5% della Campania, seguita dal 16% della Puglia e dal 14,7% dell'Umbria. A ruota Friuli Venezia Giulia (+13,3%) e Sicilia (+10,5%). L'isola governata da Rosario Crocetta ha il triste primato del minor numero di dipendenti per ogni dirigente (9) pur incidendo per il 31,7% sulla spesa complessiva per la dirigenza. Un effetto della mole pantagruelica degli organici: 1.700 dirigenti e oltre 15mila dipendenti. Basti pensare che la media nazionale è di 17,88 e che in Trentino Alto Adige (che però vanta il record delle remunerazioni pro capite) ogni manager ha 51 persone in media sotto di sé.

Sarebbe troppo facile imputare questa deriva esclusivamente al centrosinistra (che governa quasi tutte le Regioni tranne Veneto, Lombardia e Liguria) così come scontato sarebbe incolpare di omesso controllo Matteo Renzi che ha governato per metà del triennio. Il centrosinistra e Renzi hanno la responsabilità oggettiva e soggettiva di non aver applicato i dettami della riforma Brunetta della Pa (che su questo capitolo era altrettanto severa), ma è nella stessa pubblica amministrazione che cova questo virus.

Sebbene i Comuni non abbiano le stesse problematiche retributive delle Regioni, la Corte ha evidenziato una serie di infrazioni: mancato rispetto dei limiti di spesa, dei limiti alle assunzioni (anche attraverso la creazione di società ad hoc) e irregolarità nella contrattazione. Le leggi ci sono, ma pochi le applicano.

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