Sugar tax ed evasori in galera Il premier evoca lo Stato etico

In difficoltà con la manovra, difende la tassa sullo zucchero e invoca pene per il «nero» (già in vigore)

Sugar tax ed evasori in galera Il premier evoca lo Stato etico

Carcere per gli evasori come pilastro della nuova legge di Bilancio e la stretta contro le bevande gassate e merendine come tassa etica.

Da quando i margini di spesa della prossima manovra si sono ristretti, il dibattito sulla manovra ha preso una piega strana. Da stato etico, è stato detto quando ieri il premier Giuseppe Conte ha appunto parlato di «tasse etiche» difendendo l'imposta sulle vendita di bibite zuccherate. Un riferimento (sicuramente involontario) al principio all'origine dei totalitarismi, per fare dimenticare le ristrettezze nelle quali si dovrà muovere la prossima legge di Bilancio. Oppure per coprire nuove tasse.

Dopo l'uscita del premier sull'etica sugar free, è stata la volta dell'evasione fiscale. Conte è tornato sul carcere per gli evasori. «Chiedo di accettare quella che potrà sembrare una misura nuova, qualcosa di innovativo. Chiedo di accettare questa sorpresa, perché il Patto sarà che poi pagheremo tutti di meno».

Peccato che non si tratti di una novità, ha osservato l'ex viceministro all'Economia e commercialista Enrico Zanetti. L'annuncio del carcere per gli evasori è «dal lontano 1982» che si accompagna «alla crescente consapevolezza di quel governo e quella maggioranza politica della necessità di varare scelte impopolari sul versante fiscale».

La legge italiana, peraltro, prevede già il carcere per gli evasori. Da 1,5 a sei anni per frode fiscale, anche per evasioni di piccolo importo, da uno a tre anni per dichiarazione infedele.

Da vedere quali sono le leve fiscali che il governo intende utilizzare. Al ministero dell'Economia si stanno studiando diverse alternative e in campo c'è sicuramente qualche intervento sulle imposte indirette. Passaggio di categorie di merci dalle aliquote a Iva agevolata a quella ordinaria oppure un aumento limitato ad alcuni beni. Ad esempio quelli dannosi per l'ambiente, come è previsto dal decreto clima, oppure le bevande gassate e zuccherate.

Comunque non basteranno a tappare i buchi della prossima manovra. Il premier Giuseppe Conte e il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri sono già alle prese con gli appetiti del governo. Ministri in vena di spese hanno fatto trapelare l'intenzione del governo di sforare il deficit e farlo arrivare al 2,6% del Pil nel 2020.

Conte ha ridimensionato le aspettative: «L'Italia rispetta le regole vigenti, ma nello stesso modo lavora affinché, se le regole sono giudicate inappropriate e non utili» vengano modificate.

In altre parole, se ci saranno margini di spesa in più non sarà durante questa manovra, ma solo quando (e se) sarà riformato il Patto di stabilità. Oggi il governo potrebbe ottenere la flessibilità prevista dai patti. In cifre, da un disavanzo all'1,6% potrebbe passare al 2%, quindi avere circa sei miliardi di euro di flessibilità tra circostanze eccezionali, riforme e crisi dei migranti.

Anche Misiani si è espresso più volte per il rispetto degli accordi europei. Ma non è detto che riesca a resistere alle pressioni dei colleghi.

Gli impegni europei sono più rigidi di quanto emerga dalle dichiarazioni del governo. L'ex ministro Tria, ha ricordato ieri Renato Brunetta di Forza Italia, si era impegnato «ad effettuare nella prossima manovra tre cose: taglio del deficit strutturale, taglio della spesa pubblica e taglio delle spese fiscali. Tutto questo, in un contesto macroeconomico più favorevole di quello attuale.

Perché, nel frattempo, la crescita del Pil si è ulteriormente ridotta rispetto alle stime di primavera, mentre le variabili di finanza pubblica, deficit e debito, sono aumentate rispetto al Pil».

In vista scelte dolorose, mascherate da tasse o tagli «etici».

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