Roma - Sono durate meno di un giorno le speranze dei sostenitori dello ius soli. Non c'è maggioranza a favore della legge al Senato, come riportato ieri da alcuni quotidiani. Nella migliore delle ipotesi - quella fatta passare ieri da alcuni esponenti verdiniani e del Pd - i numeri sarebbero risicati. In quella più probabile, non ci sono proprio, perché Alternativa popolare di Angelino Alfano ha confermato il suo No.
Poi, cosa più importante, né il premier Paolo Gentiloni né il segretario del Pd Matteo Renzi se la sentono di azzardare un blitz. Il primo perché sta per arrivare la manovra, il secondo perché si avvicinano le elezioni e lo ius soli non è esattamente una calamita di consensi, nemmeno a sinistra. Per ministri e segreteria democratica, insomma, sessione di Bilancio e voto valgono più dello sciopero della fame a staffetta.
Ieri mentre aumentavano le adesioni alla protesta non violenta per la legge che concede la cittadinanza ai figli di immigrati regolari, il conteggio dei senatori disposti a votare il provvedimento confermava lo scenario dei giorni scorsi.
«Non voteremo mai la fiducia posta su un tema così delicato e che non è nel programma di governo, né usciremo dall'Aula» per far passare la legge dello ius soli così com'è, ha puntualizzato Maurizio Lupi, coordinatore nazionale di Alternativa popolare.
I retroscena che danno quattro senatori di Ap pronti a votare la legge sono «fantasiosi». Nel provvedimento manca «il compimento di un percorso che prevede l'apprendimento della lingua e della nostra cultura con i valori costituzionali ad essa connessi». Le famiglie che chiedono la cittadinanza dovrebbero sottoscrivere i valori della Costituzione. Temi che andrebbero discussi in Senato. Quindi, non in questa legislatura.
Perde quota persino l'appoggio di Ala, il gruppo di Denis Verdini. Il sì alla nota di aggiornamento del Def concesso mercoledì al Senato non sembra segnare l'ingresso del movimento nella maggioranza del governo Gentiloni. Le ricostruzioni di ieri si basavano per lo più su dichiarazioni del senatore Lucio Barani («Certo che voterò lo ius soli, e con me quasi tutto il gruppo»). Da capogruppo, ha poi precisato, lascerà libertà di coscienza, ma sono subito arrivati i distinguo.
«Barani parla per sé e quelli che la pensano come lui. Io ho ancora delle perplessità», ha ad esempio precisato un altro senatore Ala, Vincenzo D'Anna. «Noi verdiniani non ne abbiamo ancora discusso. Siamo un piccolo gruppo, ognuno si autodetermina anche se in genere usciamo sempre compatti perché discutiamo dell'argomento. Dello ius soli non abbiamo ancora parlato».
Possibile che i verdiniani ne discutano. Difficile che diventi materia per trattare l'ingresso in una maggioranza della quale non hanno mai fatto parte perché nel Pd quella trattativa non sembrano nemmeno volerla iniziare.
La sintesi della posizione Pd a questo proposito ieri l'ha data il senatore renziano Andrea Marcucci. «Bisogna valutare bene i numeri, la cosa peggiore è portare il provvedimento in Aula e farlo bocciare. Dobbiamo valutare bene i numeri e fare un bagno di realismo». L'apporto dei verdinani? «I senatori di Ala sono affidabili in certi casi e su certe leggi e meno affidabili su altre».
Alla direzione del partito che si è tenuta ieri, solo Gianni Cuperlo ha chiesto di approvare in fretta lo ius soli citando lo sciopero della fame di circa 70 parlamentari dem. Ma non ha suscitato nessuna reazione. Renzi non ha speso nemmeno mezza parola. Segno che l'ex premier è sempre più convinto che il tema della cittadinanza sottragga consensi al Pd.
Per una volta gli interessi strettamente politici del Pd corrispondono a quelli del governo, per nulla intenzionato a mettere a rischio la legge di Bilancio. Un segnale di debolezza dell'esecutivo in questa fase avrebbe anche un costo economico in termine di spesa per interessi.
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