Como«La Svizzera non può andare avanti così. State violando l'accordo europeo e avete un atteggiamento discriminatorio nei confronti degli italiani».
La guerra tra Italia e Svizzera è esplosa ieri. A farla scoppiare il segretario generale della Farnesina, Michele Valensise, che ha convocato l'ambasciatore della Confederazione svizzera Giancarlo Kessler.
Il segretario generale è molto preoccupato per le misure introdotte dalle autorità cantonali ticinesi a carico dei lavoratori frontalieri italiani. «Si tratta di misure in violazione dell'accordo europeo sulla libera circolazione delle persone del 1999 - si legge in una nota del ministero -, palesemente discriminatorie nei confronti di cittadini italiani e in contraddizione con l'eccellente stato delle relazioni bilaterali».
Sotto accusa la decisione del Ticino di concedere il permesso di lavoro, o il rinnovo ai lavoratori italiani che vogliono lavorare lì solo dietro presentazione del certificato penale generale del casellario giudiziale e quello dei carichi pendenti. Il segretario generale ha chiesto alle autorità di Berna di porre termine a una situazione che suscita profonda insoddisfazione in Italia. Gesto non gradito e considerato esagerato da parte del presidente del governo Ticinese Norman Gobbi che ha detto: «Faccio notare che nessuno ha fatto ricorso quando è stato introdotto l'obbligo, semmai l'Italia dovrebbe domandarsi come mai così tante persone vengono a lavorare qui e scelgono ogni anno il Ticino come dimora».
Il punto è che ci sono sessantamila persone, contando solo la Lombardia, che ogni mattina si mettono in auto e varcano la frontiera Svizzera per andare a lavorare. Fino a poco tempo fa era considerato un privilegio riuscire a trovare un posto in Svizzera. A parità di mansioni, gli italiani lì guadagnano di più e pagano meno tasse. Ma con la crisi, che ha colpito anche la Svizzera, i lavoratori italiani sono diventati sempre meno graditi, hanno iniziato a essere pagati meno e a essere trattati peggio dai loro datori di lavoro. In una delle ultime campagne elettorali la Lega svizzera aveva persino paragonato gli italiani a topi che arrivano a rubare il formaggio.
A preoccupare ora i frontalieri sono anche i cambiamenti previsti per le tasse. Il nuovo sistema, che partirà dal 2018 ed entrerà a regime completo nell'arco di dieci anni, secondo i sindacati dei frontalieri rischia di aumentare la pressione fiscale sugli italiani che lavorano in Svizzera. Attualmente l'imposizione sui frontalieri è prelevata direttamente nel Cantone ad aliquote inferiori a quelle italiane; lo stesso Cantone, successivamente, ne trattiene il 61,2%, riversando in Italia il 38,8% mancante.
Nel 2018 partirà la prima modifica, con il pagamento del 70% delle tasse in Ticino, primo anello di una catena che porterà gradualmente i frontalieri a pagare il 100% delle loro tasse in Italia. Questo genererà un maggior introito per le casse dello Stato italiano, ma - denunciano i sindacati - anche una netta decurtazione dei redditi per i frontalieri e una riduzione dei fondi a favore dei comuni di frontiera. La situazione è talmente tesa che è intervenuto anche il presidente Roberto Maroni.
«Se la Svizzera continua con questa ostinazione - ha commentato alla tv svizzera - io penso di dire ai 60mila lavoratori lombardi “facciamo una prova, per un mese non andate in Svizzera, non andate a lavorare, vi pago io lo stipendio”».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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