"L’ipotesi di un accorpamento delle Regioni rifiorisce a intervalli più o meno regolari, senza mai tener conto che il Governo non ha in agenda nulla del genere e che lo stesso vale per il Pd". Lo ha affermato la presidente del Friuli Venezia Giulia e vicesegretaria nazionale del partito Debora Serracchiani. "L’assetto delle Regioni non è toccato dalla riforma costituzionale, a cominciare dal disegno dei confini - ha spiegato Serracchiani - e non potrà essere un ordine del giorno a incidere, in un modo oltretutto così pesante, sull’iter e sui tempi che ci siamo dati". "Nel merito dell’ordine del giorno proposto da Raffaele Ranucci - ha aggiunto Serracchiani - va notato che il Governo non l’ha fatto proprio nel testo originario, che conteneva un preciso legame con la legge di revisione costituzionale e un’indicazione massima di dodici per il numero delle Regioni ammissibili. Nella sostanza - precisa - il Governo ha dunque inteso raccogliere, ma senza condizionarlo a vincoli temporali nè a tetti numerici, l’invito a ’considerare l’opportunità di proporrè una forma di razionalizzazione del sistema regionale quale potrebbe essere la riduzione del numero delle Regioni. Chi inoltre ha seguito i lavoro parlamentari sa che, all’esito di questo accoglimento, sono stati ritirati tutti gli emendamenti che avevano ad oggetto iniziative sulle Regioni".
Il progetto di Morassut e Ranucci si basa sugli studi storici della Fondazione Agnelli: 12 macroregioni, che lasciano intatte solo Lombardia, Sicilia e Sardegna. Giovanni Toti, presidente ligure di Forza Italia e consigliere di Berlusconi: "Questo governo di danni ne ha fatti a sufficienza. C’è una furia riformatrice sgangherata, un’entropia pazzesca". Detto questo, Toti è favorevole alle macroregioni: "Ne bastano anche solo 5, quelle dei collegi delle Europee". Le piccole Regioni però sono sul piede di guerra. Come il Molise, del governatore Paolo di Laura Frattura: "Non c’è un no pregiudiziale da parte nostra. Ma non si può smembrare la storia con una matita.
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