RomaAll'Expo Matteo Renzi subordina il taglio delle tasse (45 miliardi) alla riduzione del debito ed al dividendo europeo per le riforme. Davanti alla platea della Confcommercio, Pier Carlo Padoan si avventura in un sillogismo accademico. Il taglio «è efficace - osserva il ministro dell'Economia - se è credibile. Ed è credibile se è permanente. E per esserlo deve derivare da tagli di spesa».
Il ministro dice di essere d'accordo con il premier, ma il percorso che individua è diverso da quello di Renzi.
In punta di dottrina, Padoan rileva che la riduzione fiscale deve rientrare «in un processo radicale di modernizzazione del Paese e deve creare ricchezza e lavoro dopo anni di crisi». Polemizza con l'ala sinistra del Pd (Bersani e Visco) ricordando che la lotta all'evasione fiscale è «complementare al taglio delle tasse» e non sostitutiva. E giustifica l'abolizione (annunciata da Renzi) delle imposte sulla prima casa in quanto «l'edilizia è un settore che ha risentito molto della crisi finanziaria e deve essere sostenuto. L'eliminazione della tassa sulla prima casa - spiega - non è sufficiente, ma va in questa direzione».
Insomma, il ministro dell'Economia fa ricorso a tutte le tecnicalità lessicali per giustificare l'annuncio di Renzi. Ma è evidente che se l'obiettivo è condiviso, la strada per raggiungerlo è diversa.
Il presidente del Consiglio vuole ridurre il prelievo fiscale attraverso un percorso politico da verificare con Bruxelles (ma soprattutto con Parigi e Berlino), destinato a rianimare la crescita interna oltre lo 0,7% previsto. Il ministro dell'Economia, invece, prova a seguire il dogma dei Trattati Ue.
Due visioni che se possono trovare un punto di sintesi per l'eliminazione delle tasse sulla casa (pesano sui bilanci dei Comuni per 5 miliardi), diventano difficilmente coniugabili per l'operazione delle tasse sulle imprese (2017) e sulle persone fisiche (2018): entrambe da 20 miliardi all'anno.
Bruxelles, al momento, non si lascia impressionare dagli annunci di Renzi. Gli uffici del commissario agli Affari economici conoscono bene le condizioni del bilancio italiano. Ne consegue che sanno alla perfezione che se Renzi vuole tenere fede agli impegni assunti all'Expo deve chiedere maggiori margini di flessibilità di bilancio (leggi: aumento del deficit programmato, seppure sotto il tetto del 3%). Per queste ragioni, Pierre Moscovici ritiene «prematura» ogni valutazione sulle proposte di taglio fiscale, alimentate da una maggiore flessibilità di bilancio.
«Valuteremo in funzione di ciò che propone l'Italia», commenta il commissario Ue. L'unico elemento che aggiunge è che l'Italia rientra nella condizione di Paese che avvia riforme.
E come tale - osserva Moscovici - «deve essere incoraggiato». Senza spiegare come questo incoraggiamento si può tradurre in maggiori margini di flessibilità di bilancio.«Ogni risposta dettagliata sul tema è ancora molto prematura», conclude il commissario.
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