La "tempesta emotiva" salva il killer

Strangolò la compagna. Dopo la condanna a 30 anni, pena dimezzata in appello

La "tempesta emotiva" salva il killer

L'imputato, quando «strangolò a mani nude» la compagna, era in preda a una «soverchiante tempesta emotiva e passionale». Così la sua condanna viene ridotta da 30 anni a 16 anni.

Certe sentenze sarebbe meglio non motivarle: ne risentire la legge del diritto, ma ne guadagnerebbe la legge del buonsenso. Invece, com'è giusto che sia, i magistrati sono tenuti a spiegare le proprie decisioni. Fatto sta che un assassino, reo confesso di femminicidio, si è visto dimezzare la pena con un'argomentazione - che, impeccabile sul piano tecnico-giuridico, lascia sgomenti quanti (cioè tutti noi) il codice penale non lo padroneggiano.

Ma in cosa consiste la «tempesta emotiva» che sconvolse, al pari di una e una perturbazione psichica, la mente in tempesta di Michele Castaldo, 57 anni, al momento in cui strinse le mani al collo della 46enne moldava Olga Matei?

Il delitto si consumò il 5 ottobre 2016 a Riccione (Rimini) e all'origine del dramma ci fu una lite tra i due. Consueta la dinamica: lui era un violento, lei voleva troncare la relazione, lui la strangolò; un femminicidio da 30 anni in primo grado, ora «scontato» di 14 anni dalla Corte di appello di Bologna.

Nella sentenza, appena depositata, si evidenzia come la decisione derivi, principalmente, «dalla valutazione positiva determinata dalla confessione di Castaldo».

Poi si va nello specifico, e qui entra in gioco l'esito della perizia psichiatrica: «La gelosia provata dall'imputato, sentimento certamente immotivato e inidoneo a inficiare la sua capacità di autodeterminazione a causa delle poco felici esperienze di vita, determinò una soverchiante tempesta emotiva e passionale, considerata idonea a influire sulla misura della responsabilità penale». I giudici hanno a questo punto recepito le indicazioni dello psichiatra, attenuando (e di molto) la condanna. Ma la domanda resta, una «tempesta emotiva» (innovazione lessicale decisamente più suggestiva rispetto all'ormai vetusto «raptus») può attenuare la responsabilità di un assassino? Tutti noi - chi più, chi meno - siamo ogni giorno sferzati dalle «tempeste emotive» (noi profani, più banalmente, le chiamiamo «stress»), ma non per questi andiamo in questo andiamo in giro a strangolare la gente.

Il Gup di Rimini aveva ritenuto colpevole Castaldo di omicidio aggravato dai motivi abietti e davanti alla Corte di assise di appello di Bologna il pg, nell'udienza del 16 novembre, aveva chiesto la conferma della sentenza; i giudici però, pur riconoscendo l'aggravante, hanno ridotto la pena a 16 anni, concedendo le attenuanti generiche.

L'atteggiamento «collaborativo» dell'imputato e il suo status di effettiva alterazione emotiva al momento della consumazione del delitto sono da ritenersi - a giudizio della Corte d'assise d'appello - elementi genuini manifestatisi subito dopo l'omicidio anche «col teatrale tentativo di suicidio» da parte del Castaldo.

La vittima - si legge negli atti del processo - di fronte a un uomo che le manifestava insicurezza e paura di essere tradito, gli mostrò indifferenza e gli chiese di andarsene.

«Ho perso la testa perché lei non voleva più stare con me. Le ho detto che lei doveva essere mia e di nessun altro. L'ho stretta al collo e l'ho strangolata», raccontò Castaldo.

«Tempesta emotiva» o crudele ferocia?

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