Tutte giù per terra, come tanti birilli abbattuti dalle vendite. Alle banche italiane uscite dagli stress test della Bce, Piazza Affari non ha praticato sconti: la sola consistenza dei segni negativi ha marcato ieri la differenza tra gli istituti che hanno superato l'esame e quelli sonoramente bocciati. Un vero tracollo, ben fotografato dalla teoria di sospensioni per eccesso di ribasso e dal -4,13% dell'indice di settore, costato caro ieri all'intero listino (-2,4%).
A nulla è servito l'intervento con cui la Consob ha sollecitamente vietato fino al 10 novembre le vendite allo scoperto, cioè quelle più speculative, per proteggere il Monte Paschi e Carige, usciti con le ossa rotte dalla prova sotto sforzo dell'Eurotower: le vendite hanno subito cominciato a picchiare duro sui titoli, senza sosta, fino a percentuali non adatte ai deboli di cuore e di portafoglio: la banca senese è collassata del 21,5%, aggiornando il suo minimo storico a 0,785 euro, tra scambi pari al 6% del capitale; quella genovese ha perso il 16,54%, con il 2,6% passato di mano. Ma se alla vigilia una reazione così violenta poteva essere messa in conto, meno prevedibili erano gli scossoni che hanno poi fatto traballare anche le banche promosse. A Intesa Sanpaolo, per esempio, non è bastato un surplus di capitale pari a 10 miliardi per evitare un calo del 3,14%. Male anche Unicredit (-2,55%) e Banco Popolare, che in avvio aveva addirittura faticato a far prezzo per l'eccessivo scostamento al rialzo, ma che alla fine ha pagato pegno con una flessione dell'1,79 per cento.
C'è stato solo un momento, ieri, in cui la seduta si prospettava tranquilla; quando per una buona mezz'ora l'indice ha flirtato con un rialzo attorno all'1%. Ma è stata solo un'illusione tipo gli specchi da luna park. Non appena si sono esaurite le ricoperture legate alle azioni di hedging decise nel fine settimana per parare possibili sorprese negative dagli stress test, sono venuti a mancare gli acquisti di sostegno. Il motivo? Più di uno. A cominciare dai ripetuti segnali di debolezza che arrivano dall'eurozona, confermati ieri dall'umore tendente al depresso degli imprenditori tedeschi (l'indice Ifo è sceso a 103,2 punti, il livello più basso dal dicembre 2012) che ha messo di malumore tutte le Borse europee. Francoforte è scesa dello 0,95%, Parigi dello 0,78%, Madrid ha perso l'1,34% e Atene il 3,42%). E i ribassi sarebbero stati ancora più vistosi se la Bce non avesse comunicato di aver acquistato, nella prima settimana di attività sui mercati, 1,7 miliardi di euro di covered bond.
È evidente che il generale rallentamento della congiuntura complica il compito dell'Italia, ancora impantanata nella recessione. Sulle nostre banche, il Pil a passo di gambero agisce su un doppio binario. In prima battuta, rischia di peggiorare le cosiddette sofferenze, cioè i crediti di difficile riscossione, con un impatto non irrilevante sui bilanci. Ciò potrebbe indurre gli stessi istituti, come contromisura cautelativa, a concedere meno prestiti alla clientela. Un male per l'intera economia. Punto secondo: se l'Italia incapace di uscire dalla crisi torna a essere percepita come un pericolo, il rischio è che le banche siano costrette a svalutare i bond sovrani che hanno in pancia.
Altro grave danno sui conti. Infine, gli stress test indicano la necessità di future aggregazioni nel sistema per eliminare le vulnerabilità attuali. E la Borsa sa benissimo una cosa: le nozze non sono mai gratis, hanno sempre un prezzo da pagare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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