Le tende tra i monumenti È la città dei bivacchi eterni

Non solo centri per migranti e case «okkupate»: sono decine i campi-favela. Tra degrado e disperazione

Le tende tra i monumenti È la città dei bivacchi eterni

Roma non dorme mai, gli occhi restano sbarrati fino al mattino. Non solo quelli dei residenti del Tiburtino III che, mercoledì sera, hanno assaltato il presidio umanitario della Croce Rossa reclamando «sicurezza» e «decoro». Nel cono d'ombra delle occupazioni spontanee e delle baracche di cartone, lampeggiano anche gli sguardi di chi è rimasto fuori dal circuito dell'accoglienza ufficiale e non è protetto dalle «okkupazioni». Sguardi che si perdono nell'oscurità che avvolge la «Capitale del degrado». E ogni mattina, Roma, è costretta a svegliarsi con quel senso di sporcizia incollato addosso. Un'anziana senzatetto prova a grattarlo via con una scopa di saggina. Da oltre 10 anni spazza l'asfalto di piazza della Città Leonina, a due passi da Porta Sant'Anna, dove vive circondata da mobili e oggetti che raccontano la vita di prima. «I turisti spiega un esercente passano, la osservano curiosi e la fotografano» (guarda le foto).

Assieme alle prodezze dell'architettura rinascimentale, le miserie della contemporaneità diventano motivo di stupore per chi viaggia. E di rabbia per chi, invece, resta. A piazza Venezia, di fronte alla maestà dell'Altare della Patria, alcuni rifugiati sgomberati da palazzo Curtatone giacciono sotto un gazebo. Asma è una di loro, accoccolata a terra sta cambiando il pannolino al figlio. Il bebè emette vagiti acuti, come a reclamare un posto nel mondo. «Mio figlio è nato in Italia, ha diritto a un tetto e non a tutto questo». Ma «tutto questo» non è nulla. Soluzioni all'orizzonte per questa folla di senza casa non se ne vedono e non se ne vedranno, visto che la proposta avanzata ieri dal sindaco Raggi al ministro Minniti è di utilizzare le caserme dismesse. Un'utopia vagheggiata da anni, con in mezzo mille ostacoli burocratici e urbanistici.

Fuori dal perimetro turistico ci s'imbatte in scenari peggiori. Nel quartiere periferico di La Rustica una colonna di fumo nero si leva ancora in cielo. È quello che rimane dell'incendio nella discarica che circonda la palazzina occupata di via Francesco Costa. «La nube ricorda una residente era così scura che non si vedeva nulla». Qui vivono abusivamente circa 100 persone tra romeni, serbi, nordafricani e italiani. C'è anche Emanuela, arrivata da circa 4 anni con il marito e il figlio. Hanno ricavato al pian terreno un piccolo appartamento e, nonostante la sporcizia, non lo vogliono lasciare. «In un primo momento ci hanno proposto di andare ad abitare nel campo rom di via Solone». Adesso, dice, «hanno offerto una casa famiglia a me e mio figlio, invece a mio marito toccherebbe il dormitorio». Anche per Marco, 58 anni passati per metà in strada, il dormitorio sarebbe l'unica opportunità ma lui la rifiuta. Dal colonnato di via della Conciliazione, spiega: «Meglio il marciapiede perché io sono italiano, non voglio mettermi in fila, la mia famiglia paga le tasse da generazioni e io dovrei avere un diritto di prelazione su chi è arrivato ieri». Ma non è solo questione di principio, «le strutture che offrono accoglienza notturna racconta Mimmo, anche lui accampato vicino a San Pietro sono overbooking, troppi stranieri». Meglio dormire all'ombra «der Cupolone»,lontani dai clochard romeni e polacchi «ubriachi 24 ore su 24». Anche perché: «Qui ci sono docce e barbiere».

E sui servizi offerti da papa Francesco ai senza fissa dimora, qualche commerciante storce il naso: «Sono un richiamo per gli sbandati. San Pietro è diventata come la stazione Tiburtina». Accanto al principale snodo ferroviario, infatti, c'è un accampamento abusivo che, denuncia Fabrizio Montanini del comitato di zona, «è stato sgomberato 20 volte in 2 anni». «Sono migranti in attesa di essere ricollocati in Paesi comunitari dice una volontaria ma la burocrazia li inchioda qui».

A poco meno di un mese dalla scadenza del programma europeo di «relocation», infatti, «solo in 8 mila hanno lasciato l'Italia». A Roma piove. È pioggia di fine estate da cui non c'è riparo. Perché Roma non è una casa, ma un bivacco. Eterno.

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