Il terrorismo molecolare ovvero la minaccia dell'imprevedibilità

Marco Minniti, sottosegretario ed eminenza grigia dell'intelligence traccia l'identikit del nuovo terrore islamista. E spiega come combatterlo

Il terrorismo molecolare ovvero la minaccia dell'imprevedibilità

"Vogliono creare un clima di aggressione e paura perché sono convinti che la nostra opinione pubblica e quelle occidentali in genere non reggeranno. Per questo l'Italia deve rispondere alle minacce dello Stato Islamico come sistema paese. Per una volta bisogna lasciar da parte le polemiche e le divisioni politiche che contraddistinguono l'Italia e rispondere tutti insieme alle loro intimidazioni". Il messaggio di Marco Minniti - sottosegretario all'intelligence e protagonista di primo piano nelle iniziative di contrasto all'offensiva dello Stato Islamico è quanto mai deciso. Ed ecumenico. Nel suo intervento al convegno sullo stato islamico organizzato dalla fondazione Icsa ( Cultura d'intelligence e analisi strategiche) il sottosegretario si spoglia innanzitutto della sua casacca politica per richiamare all'unità nazionale. Un'unita nazionale considerata indispensabile per combattere un nemico "aggressivo ed irriducibile". Un nemico che non va sottovalutato. E con il quale non ci possono permettere errori. Ma intervenendo dal palco del "Centro Alti Studi per la Difesa" di Roma non risparmia una stoccata, pur senza nominarlo ai ministro degli esteri Paolo Gentiloni. Un ministro che sottovalutando la capacità comunicativa del nemico ha offerto alla variante libica del Califfato la possibilità offrire un'immagine di se molto più temibile e potente rispetto alla realtà. Il riferimento, seppur implicito, è alla frase "siamo pronti a combattere" pronunciata dal ministro in una trasmissione televisiva. Una frase improvvida perché - come spiega l'eminenza grigia della nostra intelligence - si è così trasformata la discesa verso la Sirte di qualche centinaio di militanti in una sorta di conquista dell'intera Libia.

Una frase che ha permesso allo Stato Islamico di affibbiare a Gentiloni la definizione di "ministro crociato" portando così a termine un "abilissima operazione di posizionamento politico mediatico... Ponendosi come difensore della Libia e offrendo a tutti l'impressione di controllarla interamente.... pur controllandone soltanto un esigua parte". Errori da non ripetere spiega Minniti "perchè se bastano due comunicati per farci credere che lo Stato Islamico ha ormai il controllo dell'intera Libia allora la situazione è grave". Da qui il richiamo non solo ai politici, ma anche ai rappresentanti istituzionali a "muoversi come un sistema paese" ovvero come una nazione capace di contrapporre un fronte unito e concorde contro chi gioca a trasmettere la "sindrome della paura." Ma il sottosegretario ricorda anche le difficoltà della lotta al terrorismo sul terreno di casa nostra . Un terrorismo che non si muove come ai tempi delle Brigate Rosse seguendo le direttive di una "direzione strategica", ma agisce semplicemente "attraverso un sistema di relazioni". Se un tempo per "comprendere la struttura delle organizzazioni terroristiche bastava intercettare le comunicazioni della direzione strategica oggi - spiega Minniti - questo non basta più perchè non esiste qualcuno che distribuisce ordini da Raqqa o da qualche altra capitale del terrore. Oggi siamo di fronte al massimo dell'imprevedibilità." Un'imprevedibilità identificata da quello che Minniti definisce "terrorismo molecolare". La definizione coniata da Minniti comprende sia la figura del "lupo solitario" che quella del "combattente di ritorno" dai fronti della jihad. L'esemplare tipico di questo imprevedibile terrorismo molecolare è - a sentir il sottosegretario - Omar Abdel Hamid El-Hussein, ovvero il lupo solitario ed ex criminale comune entrato in azione domenica a Copenaghen uccidendo tre persone.

"Un terrorista che dopo aver messo a segno il primo colpo - spiega il sottosegretario - prende un taxi si fa portare a casa e poi chiama un secondo taxi per farsi portare sul secondo obbiettivo. Nessun terrorista classico si muoverebbe così. E proprio per questo lui e i suoi simili rischiano di sorprenderci. Soprattutto se non riusciremo ad adattarci mentalmente e strutturalmente a questi cambiamenti ".

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