Parigi brucia

È la Terza guerra mondiale contro il nostro stile di vita

L'islam radicale offre un folle modello alternativo che combatte perfino cibo, sport e musica

È la Terza guerra mondiale contro il nostro stile di vita

«La musica è un chiaro stratagemma dei non musulmani. Una delle principali cause del declino dei Musulmani è il loro coinvolgimento in intrattenimenti inutili». Solo parole, lette sul «blog dell'islam sunnita in Italia», nessuno in quel testo trae la conclusione che bisogna entrare in un teatro e scannare uno a uno ragazzi colpevoli solo di ballare. Eppure sono idee così a motivare i «combattenti» di questa Terza guerra mondiale non dichiarata che ci è scoppiata addosso.Non può essere un caso se hanno colpito un teatro dove si suonava rock. Non può essere un caso se hanno cercato la strage, e per fortuna non ci sono riusciti, in uno stadio colmo di persone talmente ignare che quando si è udita l'eco dell'esplosione dei kamikaze, dagli spalti si è levato un grido gioioso, come se fossero petardi. Non può essere un caso se hanno colpito un ristorante etnico e una pizzeria.Sembra il programma di una qualunque serata in allegria, in una qualunque città occidentale: una cena orientale e poi un concerto, oppure una pizza e poi una partita di pallone. Per noi è un modo perfetto di regalarci piccoli piaceri, per una parte del mondo è l'essenza del male, è pura perversione. Cibo, sport, musica rock: hanno colpito tutto ciò che noi amiamo e loro odiano. Così anche gli altri attentati recenti: al museo e in spiaggia in Tunisia, per punire la cultura non islamicamente corretta e la libertà di mostrare il corpo, nella redazione di un giornale satirico per uccidere la libertà di stampa.È un programma, un manifesto ideologico che ha un unico obiettivo: cancellare il nostro stile di vita, costringerci a rinnegarlo, a temerlo. E non è solo un fatto religioso, una differenza culturale.

Molti degli autori delle stragi più efferate sono cresciuti nel nostro mondo, apprezzavano le comodità che offre, la nostra musica, la creatività, la libertà. Seifeddine Rezgui, il killer della spiaggia di Sousse, in Tunisia (38 morti), prima della radicalizzazione studiava ingegneria e nei video sul web ballava la break dance. Tutti ci lamentiamo di come vanno le cose in Italia, delle ingiustizie sociali, degli avidi banchieri, della corruzione. Ce lo ripetiamo al bar e su Facebook, ma forse dovremmo ogni volta aggiungere: comunque è sempre meglio che vivere a Raqqa, meglio lamentarsi in Europa e in America che in qualsiasi altro posto al mondo. Ci sono persone che invece non se ne rendono conto. E l'islam radicale offre loro un modello alternativo, per quanto ci possa parere incredibile. Ed è un modello che non può coesistere con il nostro, perché si basa sulla necessità di prendere il sopravvento, di distruggere l'«Occidente corrotto», con una venatura anticapitalista e antimodernista così in voga dalle nostre parti. Giuliano Delnevo, il ragazzo di Genova che incantato da queste sirene è partito per la Siria rimettendoci la vita, non seguiva solo i precetti di una fede, sognava anche una oasi di (deviante) giustizia sociale, tanto che nei diari in cui narrava la sua esperienza in Siria si stupiva che anche lì «i capi» abitino in albergo e «la truppa vive duramente». Ecco perché le battaglie di questo nuovo conflitto globale si combatteranno in pizzeria e allo stadio. Ecco perché le loro vittorie sono le strade di Les Halles deserte, la Tour Eiffel che chiude «a tempo indeterminato» e perfino Eurodisney che lascia fuori mamme e bambini delusi. Da ora in poi tutte le nostre città saranno una «piccola Cambogia», un luogo in cui da un momento all'altro salta fuori, o potrebbe saltar fuori, qualcuno che vuole spegnere la musica con il kalashnikov. «Abbiamo sentito il suono degli spari, trenta secondi di esplosioni. Non c'era fine. Abbiamo pensato che fossero fuochi d'artificio», ha raccontato un testimone della strage al ristorante «Petite camboge», Pierre Monfort.

Forse è l'ultimo scampolo dell'innocenza che questa guerra ci ha rubato.Twitter: giuseppemarino_

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