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Tibia rotta: all'arrivo sulle ginocchia

Rei Lida, esempio di come il valore del sacrificio batta l'alibi della resa

Tibia rotta: all'arrivo sulle ginocchia

T recento metri sulle ginocchia, carponi, con le gambe insanguinate, mordendo l'aria per il dolore. Rei Lida ha diciannove anni, correva la maratona aziendale a staffetta, la Principessa Eikiden a Fukuoka. Mancava poco per raggiungere il traguardo e cedere il testimone, una corda rossa come il colore del sangue, alla compagna che l'attendeva per la terza frazione. Prima della curva finale la gamba, la destra, ha ceduto, Rei Lida ha perduto l'equilibrio, è caduta, pesantemente sul selciato. Un dolore feroce, la tibia fratturata, la paura e la vergogna di doversi arrendere, un atto che nessun giapponese sa e vuole accettare. Rei Lida sapeva che quell'incidente avrebbe comportato la squalifica della sua squadra. Ha raccolto le energie, ha provato a rialzarsi, il dolore era più forte della sua speranza e allora ha deciso di proseguire, come una neonata, reggendosi sulle mani e le ginocchia, centimetro dopo centimetro, seguita dai giudici di corsa, dalle auto dell'organizzazione, tre minuti e cinquanta secondi senza mai alzare la testa. Rei Lida ha continuato, spinta dall'incitamento dei giudici, degli spettatori, dalla rabbia disperata di non potere realizzare il sogno. Il sogno di una universitaria che aveva preparato, insieme con le sue compagne, quella maratona magica e che invece il caso aveva imprevedibilmente fermato. Rei Lida non è né martire, né eroina. E' il segnale di come lo sport riesca e sappia ancora conservare un valore, quasi clandestino, il valore del sacrificio e della sofferenza che contrasta con la resa e l'alibi dei perdenti. Rei Lida non ha mai veramente interrotto la sua corsa, anzi l'ha esaltata e celebrata in quei 300 metri finali, dimostrando a se stessa di poter vincere il dolore, di poter superare l'imprevisto maligno. La frase attribuita a De Coubertin (ma in verità pronunciata a Londra dall'arcivescovo Talbot) l'importante e partecipare e non vincere trova la sua migliore espressione nella fatica di Rei Lida che ha vinto la sua corsa semplicemente partecipando alla sua, esclusiva maratona di Fukuoka.

L'immagine filmata della sofferenza anche dopo il traguardo, per sfuggire all'occhio delle telecamere, con un senso di infantile e candido pudore, ha fatto il giro del mondo come se Rei Lida avesse trionfato. La frattura alla tibia la terrà lontana dalle gare per tre mesi. Verranno i giorni per tornare su quella curva, lungo quel rettilineo, per correre con le mani e le braccia al cielo. Ma nessuno parlerà più di lei.

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