A ffossate Paolo Ielo. Più vengono alla luce le carte della inchiesta sul marcio nel Consiglio superiore della magistratura, tanto più diventa chiaro che il vero bersaglio della lobby guidata dal pm Luca Palamara e dall'ex ministro piddino Luca Lotti era il procuratore aggiunto di Roma: Ielo, già ragazzo di bottega del pool Mani Pulite, arrivato a Roma e diventato il braccio destro del procuratore Giuseppe Pignatone. È la coppia che ha chiuso la stagione del «porto delle nebbie», che ha scavato sulle collusioni tra politica e crimine nella Capitale. Pignatone è in pensione. E il bersaglio della cricca diventa Ielo, elemento di continuità con una stagione che invece va chiusa a tutti i costi.
Nelle carte diventate pubbliche grazie alla iniziativa di Riccardo Fuzio, procuratore generale della Cassazione che ha deciso l'impeachment disciplinare di tutti i magistrati coinvolti, emerge chiaramente l'avversione, quasi l'odio, che Palamara dimostra per Ielo parlando con il consigliere del Csm Luigi Spina. Dice Spina: «In commissione c'è una bomba vera, pensavo che fosse per Pignatone, la bomba è per Ielo... L'avvocato di Amara era il testimone di nozze di Ielo». Palamara: «Questo è un argomento, la cosa importante». Spina: «Avrai la tua rivincita perché si vedrà che chi ti sta fottendo sarà lui a doversi difendere a Perugia, per altre cose, perché noi a Fava lo chiamiamo». Si tratta di Stefano Rocco Fava, il pm romano arcinemico di Ielo, che Spina promette a Palamara di convocare al Csm. E Palamara è ovviamente entusiasta: «Lo devi chiamare perché altrimenti mi metto a fare il matto... lui vi deve raccontare come sono andate le cose».
A volere la pelle di Ielo, però, non sono solo i suoi colleghi. Anche Luca Lotti rema nella stessa direzione: ed è l'aspetto più inquietante di tutti, perché chiama in causa il Pd in modo così imbarazzante che ieri Lotti si trova costretto ad autosospendersi. Le intercettazioni sono di una chiarezza imbarazzante. Parlando con il suo compagno di merende Palamara, Lotti dice chiaramente che tutto nasce dall'inchiesta Consip, e che bisogna fare arrivare la cosa ai giornali amici: Lotti: «Farla uscire, parlare con.. che si fa uscire». Palamara: «Senti Fava». Lotti: «Dopo che si è fatto gli aggiunti» . Palamara: «Dopo di che fa uscì tutto quello che dico... là è finita». Lotti: «Tu intanto gli rompi il caz.., e la prossima volta si discute. Io mi acquieterò quando Pignatone mi chiamerà e mi dirà cosa è successo... perché la vicenda Consip la so io e gli ho protetto il c... su tutto... mi tieni sotto ricatto». A Palamara, cui l'atto di incolpazione disciplinare è stato invitato ieri, Fuzio contesta di essere venuto in meno ai doveri di «correttezza e di equilibrio» non solo tramando contro Ielo ma anche officiando gli accordi sotterranei tra i membri del Csm e la lobby guidata da Lotti e dall'ex magistrato Cosimo Ferri, anche lui parlamentare Pd. Si tratta in realtà, a leggere le carte, di due facce della stessa manovra: per ammorbidire la Procura di Roma bisogna da una parte far fuori Ielo, dall'altra impedire che al posto di Pignatone arrivi da Palermo il dottor Lo Voi, pompando invece la candidatura del pg fiorentino Marcello Viola. Fuzio scrive che Lotti, Ferri e i cinque consiglieri del Csm che li incontrano la notte del 9 maggio, «prefigurano strategie volte a ottenere che il profilo del candidato sostenuto dai consiglieri presenti alla riunione fosse il migliore possibile».
Un concorso truccato, di quelli per cui i privati cittadini e i politici finiscono in galera.Ieri intanto, proclamando la sua innocenza, si è dimesso dal Csm anche Corrado Cartoni. Dei commensali di Lotti resiste al suo posto, chissà per quanto, solo Paolo Criscuoli.
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